Immagine articolo Fucine MuteXenia Docio Altuna (XD): Siamo col regista del film Maria Full of Grace, Joshua Marston, nato in California, laureato in Scienze Politiche. Ha girato diversi cortometraggi ma questo è il suo primo lungometraggio. Ciò nonostante ha già ricevuto il premio del pubblico a Sundance e due premi a Berlino. Poteva immaginare questo successo?

Joshua Marston (JM): No, veramente. È fantastico questo successo, è un sogno che stiamo vivendo. La prima volta che abbiamo mostrato il film è stato al festival di Sundance, nello Utah (Stati Uniti), e lì abbiamo vinto il premio del pubblico. È stato bellissimo perché il cinema si fa per arrivare alla gente, e il premio del pubblico significa che la gente si è commossa con il film, e che l’ha sentito dentro. Da quel momento è cominciato il tour per i festival, è incredibile.

XD: Lei è americano, come mai ha scelto di girare un film sulla Colombia?

JM: L’idea di questo film mi è venuta dopo una conversazione casuale con una donna colombiana a New York. Mi ha raccontato che aveva viaggiato facendo la “mula” (colei che trasporta cocaina nel suo corpo dalla Colombia fino agli Stati Uniti, ndr). Credo che per tanti stranieri queste storie facciano parte soltanto della mitologia urbana: avevo sentito parlare di persone che facevano quella cosa, ma non avevo mai immaginato veramente come poteva essere, ed è una cosa terribile. A sentire quell’esperienza così personale, mi è sembrata una storia affascinante, quindi importante da raccontare. Il film tocca anche altri argomenti, come per esempio quello che sta succedendo adesso in Colombia con la politica e la guerra del narcotraffico, e poi l’emigrazione verso gli Stati Uniti. Da quel momento ho iniziato a pensare alla sceneggiatura, velocemente, e sono iniziati due anni e mezzo di ricerche.

XD: Lei ha vissuto all’estero, nella Repubblica Ceca, sicuramente in una condizione molto diversa da quella della persona che lascia tutto per emigrare. Comunque sia, che cosa vuol dire essere un emigrante?

JM: Io non sono mai stato un emigrante, io sono stato uno straniero vivendo in un altro paese, ma direi che deve dare la sensazione di essere allo stesso tempo un po’ dentro e un po’ fuori da una cultura. Significa arrivare in un paese e sforzarsi, adattarsi, per avere un lavoro, per imparare una lingua; sentirsi sempre un po’ emarginato, senza le proprie radici o la famiglia. È un conflitto, un sacrificio che forse non finisce mai quando si è un emigrante.

XD: In un paese come la Colombia, con una situazione abbastanza critica, crede che l’emigrazione sia necessaria per alcune persone per poter sopravvivere?

JM: No, non penso che sia l’unica possibilità per i colombiani, non posso dirlo. Credo che ci sia un futuro in Colombia per il 90% della popolazione. Se tutti se ne andassero via non avremmo una Colombia! Ma il 10% della popolazione, cioè circa quattro milioni di colombiani, è costretto a lasciare il paese. Spero che un giorno troveremo una soluzione.

Immagine articolo Fucine MuteXD: Può dirci del titolo del film? Maria piena di grazia…

JM: Ho scelto quel titolo perché lo volevo ambiguo, un po’ poetico, perché non è un film diretto. È un film che racconta la storia di una ragazza che cerca il suo posto al mondo, e durante quella ricerca trova la sua grazia, che le arriva da dentro.

XD: Ha scelto uno stile narrativo molto lineare, il motivo?

JM: Sì, perché è così che Maria vive quell’esperienza, linearmente. L’intenzione era mettere lo spettatore nei panni di Maria, all’interno del suo vissuto. Non volevo usare trucchi cinematografici per mostrare qualcosa di diverso perché credo che la storia sia sufficientemente interessante ed importante e che quindi non ha bisogno di quei trucchi.