Immagine articolo Fucine MuteCorrado Premuda (CP): Incontriamo Rossana Casale a Trieste alla vigilia del suo concerto in occasione della trentaseiesima edizione della Barcolana. Un concerto dedicato ad un mito della musica, cioè Billie Holiday, un personaggio ingombrante e forse un po’ difficile da affrontare…

Rossana Casale (RC): Innanzitutto voglio sapere dove hai comprato questo microfono che è bellissimo! Ti rispondo invece che affronto Billie Holiday con grande tenerezza nei suoi confronti, con immenso rispetto e poi con le mie emozioni, gliele regalo rubando un po’ delle sue, cercando di unirle per raccontare la sua storia però usando anche pezzi della mia. Da tutto questo nasce un concerto di emozioni che cambia tutte le sere, ci sono sere in cui siamo allegri e gioiosi e parliamo questo tipo di linguaggio e ci sono delle sere in cui con i musicisti ci uniamo in una specie di preghiera, di sofferenza. Abbiamo vissuto tanti momenti molto importanti attraverso le canzoni di Billie Holiday e credo che la cosa che ti dà lei, è il fatto che non ripeti mai, non puoi ripetere, perché lei non ripeteva mai. Ogni sera cantava i suoi pezzi in maniera diversa e questa è una grande lezione per noi che l’affrontiamo. È impossibile fare altrimenti!

CP: Ci dici qualcosa dei musicisti che si esibiscono con te, che ti seguono da parecchio tempo? Come lavorate insieme?

RC: Presentiamoli: Luigi Buonafede al pianoforte, Aldo Mella al contrabbasso, Enzo Zirilli alla batteria e Roberto Regis al sax alto. Quando li ho chiamati e ho detto: “Voglio fare questo disco, voglio fare questo lavoro” loro sapevano che il progetto era già partito e quindi hanno subito un po’ le mie scelte. Ma erano fin dall’inizio molto contenti perché sono tutti brani molto belli e tanti altri ce ne sarebbero ancora da cantare. Per cui è un lavoro di passaggio d’informazione reciproca.

CP: Tu hai cominciato a cantare come corista. Quello del corista è un ruolo importante che spesso non viene considerato a sufficienza. A te cosa ha insegnato quell’esperienza?

RC: Innanzitutto un corista è parte della band per cui è un musicista. Fare la corista mi ha insegnato senz’altro a fare musica, a capire l’importanza dell’uso della voce in compagnia di altre persone e l’importanza anche di creare un’onda sonora, l’importanza dell’armonia. E poi è anche la differenza tra quel passo indietro sul palco e il passo avanti della solista. È stato un passaggio sicuramente difficile per me però adesso che conosco queste due dimensioni voglio andare continuamente a sfiorarle, per cui spesso nei miei dischi sono io che faccio i cori, o magari chiamo degli amici e li facciamo insieme, perché è un mestiere meraviglioso.

CP: Tu hai iniziato negli anni Ottanta proponendo delle canzoni pop-jazz, brani pop con influenze jazz, come ad esempio partecipando al Festival di Sanremo con canzoni che hanno avuto molto successo, Destino o A che servono gli dei solo per citarne due. Quella parte della tua carriera l’hai accantonata per il momento? Ti dedichi totalmente al jazz o ti piacerebbe fare di nuovo delle incursioni nella canzone pop?

RC: No, il pop non è abbandonato, è in pausa. Ho preso una pausa di riflessione perché stavano succedendo tante cose e io dovevo ricrearmi, ricostruirmi, capire come evolvermi insieme alla musica che si evolveva. Non volevo cadere nei tranelli che ti arrivano davanti quando sei in panico e hai paura di perdere il tuo pubblico, la televisione, l’esserci, esistere. Mi sono detta: togliti di mezzo, pensa e ragiona. Adesso avendo fatto tanto jazz sicuramente la voglia è quella di far sentire ancora più forte queste due anime, quella pop e quella jazz, di farle convivere in maniera chiara… per cui stiamo scrivendo e secondo me sta venendo fuori un lavoro molto bello.

CP: Ho una curiosità riguardo alla tua partecipazione al film di Pupi Avati Una gita scolastica, un film che amo molto. Come è stata l’esperienza sul grande schermo? Tu eri molto giovane…

RC: È stata una bellissima esperienza. Ho rincontrato Pupi poco tempo fa, abbiamo fatto un viaggio in taxi insieme. Ero molto emozionata. All’epoca del film ero un bambina, ero incosciente, stavo avendo successo con la canzone Didin e la notte correvo di nascosto con la macchina per andare a fare passaggi televisivi e poi tornare sul set senza che lui se ne accorgesse. Era bello perché eravamo chiusi tutti quanti in un castello dove si girava il film ed eravamo di tante età diverse anche se poi nel film avevamo tutti la stessa età. Abbiamo vissuto fuori dal mondo e sono nate delle amicizie molto belle che ancora mantengo.

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CP: Invece nel tuo presente c’è il musical: ti sei cimentata e continui a farlo con diversi spettacoli musicali di successo. C’è qualche musical in particolare che ti piacerebbe portare in scena?

RC: Ce ne sono tanti… Uno dei sogni è quello di fare West Side Story: anche se piano piano, se me lo fanno fare, tra un po’ di tempo andrò bene per la nonna di Maria! Ma ci sono tanti titoli, non li voglio nominare perché poi sono proprio quelli che non farò, comunque io continuo ad avere un bellissimo rapporto creativo con Saverio Marconi, adesso lavorerò con Claudio Insegno che è un bravissimo giovane regista e poi vedremo.

CP: Un’ultima domanda: hai un sogno nel cassetto che ti piacerebbe realizzare? Non per forza legato alla carriera, potrebbe essere anche qualcosa della vita privata…

RC: Queste sono le domande che per voi sono facili da fare, ma che per noi sono impossibili da rispondere. Mi piacerebbe molto cantare una colonna sonora per un film importante, mi piacerebbe recitare in un film come attrice… perché io ho preso molto sul serio il ruolo di attrice in teatro, mi sono messa veramente d’impegno essendo anche molto severa con me stessa, per cui mi piacerebbe molto lavorare nel cinema. Però devo anche dirti che quello che ho fatto fino adesso è tanto bello e non mi sento di angosciarmi pensando che la vita sfugge e che non sto facendo quello che avrei voluto fare… La vita mi ha donato delle cose molto belle, un figlio stupendo che è tutto il mio motore, e per cui io la notte dormo serenamente.