Claudia Burgarella (CB): Siamo con Nichy Nicolai, in occasione della Barcolana. Parliamo del tuo bellissimo album d’esordio, Tutto passa, uscito quest’anno. Era un progetto che aspettavi da tanto?
Nicky Nicolai (NN): Intanto grazie per il “bellissimo album”. Be’, era tanto nel senso che, per questo disco, c’è stato un anno di lavorazione. Il progetto è nato in una calda sera d’estate romana, in cui, io e mio marito Stefano (Di Battista, ndr), abbiamo deciso di fare un omaggio ad un nostro carissimo amico che si chiama Aldo Romano facendo diventare canzoni delle musiche che lui aveva scritto. Ci abbiamo messo le parole, aggiunto melodie, e così è nata quest’idea, senza grandi velleità, tranne quella di cercare di esprimere qualcosa. Un anno di lavorazione perché mio marito Stefano, che è il produttore e anche l’arrangiatore, andava e veniva da fuori ed era molto impegnato.
CB: Parliamo della tua voce. Tante recensioni ti paragonano e ti avvicinano a Mina, come vivi questo confronto?
NN: Da una parte è chiaro che Mina è una delle più grandi cantanti del mondo, quindi essere paragonata ad una tale “potenza” è sicuramente gratificante; dall’altra vorrei specificare che il mio non è un verso a Mina. Per esempio, come per Jula De Palma, c’è un po’ un mondo, un modo di cantare, che è quello di far capire bene le parole, di arrotondare le vocali. Essendo uno stile, come nel jazz, è facile trovare delle somiglianze tra le cantanti. E poi, se proprio si devono avere dei riferimenti nella vita è meglio averli alti, no?
CB: Infatti della tua voce dicono che è capace di accompagnare e giocare con gli altri strumenti, non è semplicemente un’esecuzione è proprio un giocare con gli strumenti…
NN: Sì, perché in realtà la voce è uno strumento. Il primo strumento dell’uomo: l’urlo, il cinguettare degli uccellini, così nasce la musica, dai tamburi e dal canto. Quindi sicuramente la so usare perché ho studiato molto, tecnicamente sono sempre stata molto curiosa di capire fino a dove potevo arrivare, magari non ci sono ancora arrivata però, cerco di usarla anche per divertirmi.
CB: Tra le altre cose che ho letto su di te ad un certo punto si dice: “Le linee melodiche della voce e del sax denotano una forte intesa perché condividono proprio la visione emotiva ed espressiva della musica”, segno di un’ottima intesa tra i due “strumenti”. Com’è cantare con il proprio marito?
NN: Bello, anche se lavorare con il proprio compagno non sempre è facile. Magari sei disposta ad accettare che un altro ti dica una cosa, ma se è il tuo compagno a fare il maestro, un po’ ti rompe, però è stato bello. Sicuramente io e Stefano ci siamo scambiati delle cose perché lui nasce come jazzista puro. Noi ci conosciamo da tanti anni e io ho fatto di tutto per lavorare, dal musical, dalla televisione, dalle canzoni romane fino alla lirica, poi il jazz, la canzone d’autore. Sono cresciuta con tutti i cantautori: De Gregori, Dalla, Fossati; sono innamorata della parola, per me il testo ha molto significato. Quindi questi due mondi si sono incontrati e fusi. Lui era una bestia (ride, ndr) e io citavo poesie, quindi ci siamo incontrati. In quel senso c’è stata una fusione.
CB: Ci sono dei tratti nell’album, dov’è bellissimo l’intreccio che create voi due. Sembra quasi che lui segua le improvvisazioni a seconda di quello che fa la tua voce. Come lavorate? È tanta l’improvvisazione, oppure provate anche a casa?
NN: Quello che dici mi fa capire che hai una grande sensibilità. È vero che lui mi segue e ha molto rispetto per il mio canto, anche se, in alcuni momenti non l’ha avuto (ride, ndr), comunque è vero quello che dici, lui ha molto rispetto, è molto sensibile. Ti dico una cosa: questo album, alla fine, non ha avuto modo di essere provato perché l’abbiamo fatto nei ritagli di tempo, nella notte, poi si faceva tardi, lui la mattina doveva partire, quindi in quel senso, è stato un po’ faticoso. Alla fine le tracce del disco sono, quasi tutte, le prime che abbiamo fatto. Quindi c’è stata una grande attenzione sugli arrangiamenti, sui suoni degli archi, sull’orchestra, però, ad esempio sul canto, non è che non ci sia stata attenzione o cura, ma c’è stata una prima impronta che poi è quella che c’è piaciuta di più. Non sono state fatte tante prove, anche perché io sono un po’ pigra!
CB: Parliamo un po’ delle canzoni di questo album. Ci sono nove brani, all’interno dei quali, sembra quasi ci sia una grande famiglia che lavora…
NN: Sì è così.
CB: Ce n’è uno per esempio dove Niccolò Fabi ha scritto il testo, In te. Com’è nata questa collaborazione?
NN: Dire che è nata casualmente sembra brutto, per Niccolò, per me, per il disco, per il valore immenso che ha, però è andata così, anche con Dalla e con Renzo (Arbore, ndr). È un disco nato veramente in modo molto onesto, anche se poi c’erano delle aspettative e delle speranze, non sono Cenerentola. Si lotta e si fanno delle cose sicuramente anche per piacere.
Con Niccolò una sera eravamo a casa lui ci porta il suo disco, che stava per uscire, (La cura del tempo, ndr) e noi gli abbiamo detto tutti che era stupendo. Lui era tutto contento e allora io gli ho detto: “Noi abbiamo queste musiche ti va di scrivere un testo?”. Allora lui ha cominciato: “Ah ma io i testi in effetti non li scrivo sulle canzoni degli altri, potrebbe essere…” . Ci ha messo un po’, ma poi ha fatto questo testo.
Con Lucio è stato uguale, ad un certo punto andiamo alle Tremiti perché io ho fatto dei cori per il suo disco e mi sono portata questa canzone, Io qui tu lì, che avevo già registrato. Anche lì, lui l’ha sentita e gli è piaciuta e allora gli ho chiesto se voleva fare un duetto e Lucio dice sempre di sì.
CB: Con Renzo Arbore c’è questo bellissimo duetto finale, Un cornetto ed un cachet, che sembra un musical…
NN: Sì quello è un musical-gioco perché eravamo in sala di registrazione, è uscito fuori un blues da questo brano di Aldo, che in realtà non era così, allora Simone Ciammarughi, che è un mio carissimo amico, ed è anche autore di testi e produttore del disco, ha detto: “Questo è proprio alla Arbore”. Abbiamo chiamato Renzo che ci ha risposto: “Ma che dite, che è?”, e invece poi è venuto e l’abbiamo cantata in un minuto. Ci siamo divertiti un sacco, io e Renzo, a cantare quella canzone.
CB: E di Sola cosa ci dici? È vero che te l’ha ispirata tua nipote?
NN: Sì, Sola me l’ha ispirata mia nipote Martina che si era appena mollata con un ragazzo. In realtà lo aveva lasciato lei, però era comunque triste, allora me la sono immaginata sola soletta che girava per Roma e mi è venuta questa canzone. Poi c’è il motivetto che si presta perché sembra triste e invece non lo è. Ogni storia, ogni percorso della vita ha un senso, si vede che doveva accadere così e quindi prendiamo il lato positivo.
CB: Invece per esempio Tutto passa, che è il brano dell’album più trasmesso dalle radio, ha un tono fortemente malinconico: cosa ti ha spinta a scegliere di interpretarlo?
NN: Quello era un gran bel pezzo di Aldo, è stato un po’ il cavallo di battaglia dell’album. Il testo di quella canzone, in realtà, non l’ho scritto io, ma lo ha scritto Simone (Ciammarughi, ndr). Io ne avevo scritto un altro, avevo immaginato questa canzone in chiave sexy, allora ad un certo punto mi hanno detto: “Sei pazza, quella non è una canzone sexy, è una canzone triste!” e Simone ha scritto questo testo. Anche lì, l’ho cantato per la prima volta ed è stata quella la versione scelta dalla discografia.
CB: È vero che hai applicato il metodo Stanislavskij al canto?
NN: Ho seguito dei corsi con Beatrice Bracco, che è un’insegnante straordinaria argentina, che insegna a Roma, dai suoi seminari sono usciti grandi artisti, anche miei amici tra cui: Kim Rossi Stuart e Gianmarco Tognazzi. L’ho usato perché avevo bisogno di andare più a fondo perché in realtà il cantante è un po’ attore, e al contrario del musicista deve dire delle cose. E quindi ho sentito che poteva aiutarmi per andare più a fondo nell’emozione.