Immagine articolo Fucine Mute“Ho perso l’occasione di essere una persona normale”. È questo il primo rimpianto che viene in mente a Enzo Jannacci. Medico, cabarettista, cantante: tante etichette per questo milanese quasi settantenne che da moltissimi anni — e con invidiabile coerenza intellettuale — calca i palcoscenici d’Italia con la sua musica, il suo inconfondibile stile e le sue contraddizioni. Ironico e sopra le righe per un verso, rigoroso e burbero dall’altro, Jannacci ha lavorato e collaborato con molti artisti di prestigio, su tutti Dario Fo. “Lo sapevo da anni che Dario avrebbe vinto il Nobel”, sottolinea il cantante rivendicando il proprio intuito e la lungimiranza nel considerarne il valore. Ma una forte amicizia l’ha legato anche a Giorgio Gaber, di cui ancora fa fatica a parlare.

La carriera musicale di Jannacci è stata anche contrassegnata da repentini abbandoni, con un lungo periodo in America per esercitare la professione di cardio-chirurgo. Ma il suo amore per la musica non si è mai interrotto e nel 2001, dopo circa tre anni di lavoro continuativo e dopo sette anni di assenza dalle scene, Jannacci ha proposto al pubblico il suo ultimo lavoro di studio (“Come gli aeroplani”) con brani, quasi tutti inediti, di enorme impatto emotivo e sociale.
Nell’ultimo periodo, Jannacci è quindi tornato al Jazz, vecchio amore incontrato nei primi anni della sua adolescenza musicale. Proprio con un concerto di questo genere Jannacci ha fatto tappa a Trieste in occasione della serata finale della manifestazione “Barcolana”, precedendo sul palcoscenico il suo collega Lucio Dalla.

Da sempre acuto osservatore della realtà politica, Jannacci può sicuramente testimoniare il cambiamento anche da parte degli spettatori…

Giorgia Gelsi (GG): Da tanti anni sulle scene, come ha visto cambiare in questo periodo il pubblico italiano?

Enzo Jannacci (EJ): Nel modo in cui è cambiato il mondo della cultura italiana sottomessa alla macchina, all’elettrodomestico chiamato televisore che, insieme ad altri elettrodomestici, come la lavatrice, vanno programmati.

La televisione, invece, sta programmando noi! Prima c’erano programmi di registi prestigiosi, o film interessanti, poi c’è stato l’editto bulgaro di Berlusconi che ha cancellato Biagi, Luttazzi e i loro programmi. C’è una RAI e una televisione che — lo sanno tutti — è in mano a una persona sola: lo hanno votato e continueranno a votarlo. Quindi c’è una sottocultura che è sempre in crescendo: le persone mutano e si cristallizzano davanti a delle immagini. Tra un po’ rimarranno vicino allo schermo e non so chi parlerà di più: quello che si è marmorizzato davanti a un imbecille che trasforma la pasta in riso e il riso in pasta? C’è già uno che ha trasformato l’acqua in vino, si chiama Nazareno, e non bastava? Dopo aver trasformato la pasta in riso, in cosa la trasformeremo, in prugne?

GG: In questo panorama non pensa che ci sarebbe bisogno di persone come lei che hanno avuto e hanno il coraggio di dire certe cose? Chi vede al momento?

EJ: Guarda che ce ne sono…

GG: Chi segnala?

EJ: Antonio Albanese, Paolo Rossi, Dario Fo, Beppe Grillo, Marco Paolini, Diego Abatantuono, Bebo Storti, vado avanti?

GG: Che cos’è l’ironia per lei?

EJ: L’ironia? Divertimento… Più o meno utile al successo, se uno la sa far bene!

Immagine articolo Fucine Mute

Enzo Jannacci ci appare stanco, oltre alla cadenza notoriamente lamentevole e beffarda che lo contraddistingue. Chissà, forse il suo rimpianto, oltre a quello di non aver avuto la possibilità una persona “normale”, riguarda anche la scelta di restare a fare musica qui in Italia. Non per niente, Jannacci cita Paolo Conte, unico esempio di “chi ha capito” che, in campo musicale (e non solo…), per essere apprezzati bisogna migrare all’estero.