A ciascuno il suo. Rubando il titolo, secco e folgorante, a un bel libro di Leonardo Sciascia e ad un altrettanto significativo film di Elio Petri, verrebbe voglia di classificare le manifestazioni cinematografiche italiane a seconda degli indirizzi programmatici scelti e perseguiti. In questo senso poche rassegne come la Mostra Internazionale del Cinema di Pesaro non hanno deragliato, lungo il loro cammino, da quella primaria esigenza ed anche urgenza di proporre il Nuovo Cinema ovunque si manifestasse. Il testimone di un cammino quarantennale è così passato dalle mani di Lino Miccichè e del suo sodale di sempre Bruno Torri a Marco Muller, Adriano Aprà, Andrea Martini fino a Giovanni Spagnoletti che dal 2000 ne è il direttore artistico. A lui è toccato l’onere e l’onore di allestire una Mostra degna di celebrare e festeggiare questo prestigioso traguardo. Come sanno gli appassionati di cinema, Pesaro offre dei percorsi privilegiati su degli autori e delle cinematografie. Scegliendo di coniugare, per dirla con Ejzenstejn, il vecchio e il nuovo, da una parte si è voluto testimoniare una sorta di affettuosa riconoscenza nei riguardi dei fratelli Paolo e Vittorio Taviani e del regista rumeno Lucian Pintilie, che a Pesaro hanno avuto costante attenzione e battesimo artistico, dedicando loro una retrospettiva completa, dall’altra si è voluto dar fiducia e credito alla Fluid Video Crew, un collettivo di 4 registi nato nel 1995 che ha realizzato una cinquantina d’opere su svariati argomenti, tutte a basso costo. Per molti versi un utile confronto e una giusta ricognizione tra i maestri che hanno varcato la soglia dei settant’anni e le nuove generazioni che si sono affacciate al video poco più che ventenni. Lo sguardo sui nuovi fermenti ha radiografato il cinema messicano contemporaneo che ha consegnato alla luce della ribalta dei grandi Festival autori come Arturo Ripstein, Alejandro González Inárritu e Alfonso Cuarón e ha, nella cittadina marchigiana, dato visibilità ad una quindicina di pellicole realizzate negli ultimi tre anni. I cultori del cinema transalpino hanno avuto l’opportunità di seguire tutti i film di un autore cinefilo come Arnaud Desplechin e una corposa scelta tra le 600 interviste filmate a registi e scrittori realizzate da André S.Labarthe. Spazio anche al cinema austriaco sperimentale nei lavori prodotti e distribuiti dalla casa viennese Sixpack. Tra le altre propose vanno senz’altro ricordate Notre musique di Jean-Luc Godard e Demain on déménage di Chantal Ackerman. Oltre alle ormai tradizionali anteprime di una serie di film “popolari” nella splendida cornice della Piazza del Popolo. Senza dubbio un programma ricco e variegato a cui bisogna aggiungere gli incontri con gli autori.
Come testimonianza personale dei miei tre giorni vissuti intensamente a Pesaro, vorrei però mettere al primo posto, tra le emozioni più intense, il Concerto Fotogramma 2004 tenuto da Nicola Piovani al parco Miralfiore. Per i pochi che non lo sapessero si tratta di un spettacolo teatrale in cui si possono ascoltare le partiture originali di tante colonne sonore composte da Piovani ed eseguite dall’orchestra “Aracoeli” per il gotha del cinema italiano (Fellini, Bellocchio, Benigni, Taviani…) mentre uno schermo riproduce alcuni fotogrammi fissi dei vari film. La “trovata” è che le immagini sono ferme, sospese nell’immobilità del fotogramma. A muoversi, invece, è solo la musica e i musicisti che la eseguono. E, tra una composizione e l’altra, quattro attori recitano i testi, in prosa e in versi, scritti da Vincenzo Cerami. Il culmine dell’emozione arriva quando l’inconfondibile voce di Federico Fellini si materializza da un altoparlante per ricordarci quanto la nostra vita abbia bisogno di nutrirsi dei sogni del cinema.
Un altro significativo momento della Mostra di Pesaro di quest’anno e stato l’incontro-omaggio con Paolo e Vittorio Taviani, la coppia di cineasti la cui filmografia quasi coincide (il loro primo film Un uomo da bruciare è del 1962) con la nascita della manifestazione. A loro è stata dedicato l’“evento speciale”. Seduti dietro a un tavolo i due fratelli toscani hanno voluto rendere omaggio a Lino Miccichè, fin dall’inizio attento e scrupoloso recensore del loro personalissimo modo di fare cinema. Un’attenzione critica che, nel corso degli anni, si è trasformata in un rapporto di amicizia molto forte. Ma oltre a Miccichè, Paolo e Vittorio Taviani hanno voluto ricordare Valentino Orsini, coautore del film di debutto e del successivo I fuorilegge del matrimonio (1963). Hanno poi preso la parola tanti collaboratori della “bottega” Taviani. Tra gli attori il triestino Omero Antonutti ha rievocato la gelida accoglienza che, per tanto tempo, il pubblico sardo ha riservato a lui, “colpevole” di aver portato sullo schermo l’odioso personaggio di Padre padrone, mentre l’altro protagonista del film, Saverio Marconi, che fa il figlio, ha svelato la rabbia dei registi per essere stati ingannati sull’età di Marconi che, per ottenere la parte, si era tolto otto anni. Lello Arena che con i Taviani ha lavorato in Tu ridi e in Luisa Sanfelice, ha raccontato le difficoltà del primo ruolo, quello di carceriere e assassino di un ragazzino. Infine la sempre affascinante Greta Scacchi ha confessato una giovinezza da contestatrice e qualche incomprensione sul set di Good Morning Babilonia, dovuta all’inesperienza. Ma al di là della gustosa aneddotica e del comprensibile desiderio di festeggiare, questa specie di riunione di famiglia ha testimoniato la coerenza stilistica e tematica dei fratelli Taviani, incapaci di macchiare la loro filmografia con qualche opera girata su commissione. Come si sa essi hanno preferito girare molti sport pubblicitari quando erano impossibilitati a concretizzare i loro progetti. Ecco perché complessivamente sono solo diciassette i film realizzati con una notevole propensione per le derivazioni letterarie classiche. A scorrere la loro filmografia ci si imbatte nell’amatissimo Tolstoj San Michele aveva un gallo (1971), Il sole anche di notte (1990) e Resurrezione (2001), Pirandello Kaos (1984) e Tu ridi (1998), Goethe Le affinità elettive (1996) e Alexandre Dumas Luisa Sanfelice (2004).
La serata finale della Mostra è stata dedicata ad uno dei loro film più significativi, quel Padre padrone, dal romanzo autobiografico di Gavino Ledda, che nel 1977 fece conquistare loro la Palma d’oro a Cannes anche grazie al decisivo sostegno di Roberto Rossellini, presidente della giuria in quell’edizione. Prima della proiezione il direttore Giovanni Spagnoletti ha consegnato vari premi e riconoscimenti. Nella sezione principale una giuria composta dal regista Gianni Amelio, dallo scrittore Pino Cacucci e dal critico Paolo D’Agostini ha premiato Mur di Simone Bitton, una regista franco-israeliana che ha documentato l’edificazione da parte delle autorità israeliane di una barriera costruita per isolare i palestinesi. Il film, acquistato da una casa distributrice, uscirà nelle sale la prossima stagione. Il concorso riservato agli studenti di tutte le scuole italiane per un video di tre minuti ha visto prevalere il filmato d’animazione Verrà la morte e avrà i tuoi occhi di Elisa Mearelli, dell’Istituto Statale d’Arte di Urbino.