Immagine articolo Fucine Mute“Questo poemetto è stato scritto in memoria di mio zio Bortolo (
Gino) Signor, esso nasce dalla terribile ferita della perdita definitiva e
volontaria. Il suicidio è una doppia morte, e doppiamente ci mostra. Ora la
terra è secca e la casa vuota non conserva più il suo odore, — l’odore del suo
corpo come lo sentivo nell’infanzia, durante le mie permanenze dai nonni
materni, — ma attraversando Asolo riscaldata dal sole lo stesso corpo riemerge
com’era, la stessa casa di un tempo, nell’odore del corpo della città. Acelum
me genuit…”[1]

È la nota di Giovanna
Frene al suo Spostamento. Poemetto per la memoria [Faloppio, Lietocolle
– Aretusa, 2003]. Mi sovviene Così siamo di Zanzotto (la poetessa lo
ringrazia per “l’ascolto telefonico rivolto alla lettura di alcuni brani.”[2]), una delle poesie più significative del secondo Novecento,
non solo italiano:

Dicevano, a
Padova, “anch’io”
gli amici “l’ho conosciuto”.
E c’era il romorio
d’un’acqua sporca
prossima, e d’una sporca fabbrica:
stupende nel
silenzio.
Perché era notte. “Anch’io
l’ho conosciuto.”
Vitalmente ho
pensato
a te che ora
non sei né soggetto né oggetto
né lingua usuale
né gergo
né quiete né movimento
neppure il né che negava
e che per
quanto s’affondino
gli occhi miei dentro la sua cruna
mai ti nega
abbastanza

E così sia: ma io
credo con altrettanta
forza in tutto il mio nulla,
perciò non ti ho
perduto
o, più ti perdo e più ti perdi,
più mi sei simile, più m’avvicini.
[3]

Uscita
pubblicamente nel 1962 in “IX Ecloghe”, con la sua alta carica di universalità
e una musicalità ben identificabile e ben impostata, la lirica di Zanzotto può
dirsi riassumere quella che sarà la ricerca della poesia italiana, a tutt’oggi
ancora attiva, sul linguaggio come luogo dell’esistere, voce dell’assenza e
della memoria, strumento di testimonianza e di ricerca della meta dell’esistere
se non addirittura, per alcuni, fine stesso dell’esistenza, quasi la
riformulazione di un diverso materialismo. Così il linguaggio è anche luogo per
molti di sperimentalismo o, per taluni, di ricerca esso stesso, in quanto unica
o ultima realtà vitale. Non sappiamo né ha forse importanza l’opinione della
Frene e la sua collocazione esatta in questo variegato contesto — non conta,
più di tanto, sapere o meno quale sia il suo credo personale: vale, invece,
constatare che la poesia per l’autrice è luogo della vita che vince e comprende
la morte. La morte è identificabile in rapporto alla memoria, essa ha senso nel
relativo:

[DEFINIZIONE]

Chiamiamo morte quella condizione
per cui il ricordo di una persona
da
viva ci appare improponibile.[4]

La memoria. Ad una archeologia della memoria e del passato individuale e
collettivo è improntata molta poesia di questi anni, e anche molta pittura di
valore: come i dipinti di Pino Bonanno, fondatore del Cromatismo ermetico,
ampio movimento che raccoglie giovani e meno giovani di mezza Europa, ed ha il
suo centro vitale nell’incantevole “città degli artisti” dell’immediato
entroterra istriano, il magico antico borgo di Grisignana, su un colle nel
mezzo di un paesaggio sospeso in un verde lussureggiante e selvaggio. Per chi
conosce l’Istria, un paradiso naturale ben noto, per chi non la conosce un
posto forse mai sentito nominare. Oggi è in questi luoghi che l’arte fiorisce.
Anche la poesia. Bonanno è pure poeta raffinato, e lì vicino a Grisignana, a
Buie d’Istria, vive la poetessa mistica Lada Acquavita, che ha viaggiato nel
tempo facendo esperienza dei misteri eleusini e poi ha esplorato l’anima del
cristianesimo medievale nelle sue espressioni esoteriche e alchemiche fino a
rivivere la mistica e la simbologia dei giardini minuscoli ricavati fra i muri
interni delle costruzioni nobiliari, ospitanti erbe e fiori rari. Viaggi
nell’anima testimoniati dalla sua poesia: La rosa selvaggia e altri eleusini
e Herbarium mysticum. Lada, o Vlada: una delle poetesse più
significative di questi anni. In Italia, ancora sconosciuta ai più.

Asolo. Provincia di Treviso, ci dice la
nota biografica. Uno zio morto suicida. “…ma attraversando Asolo riscaldata dal
sole lo stesso corpo riemerge com’era, la stessa casa di un tempo, nell’odore
del corpo della città.”

Archeologia della memoria? “Non si
può compiere quello che si vuole / perciò si compie quello che non si vuole
fare” sono versi che ci rimandano alla lettera paolina:
infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.” (Rm, 7,
19)Dal “regno della luce” si passa al regno… “del crepuscolo” nella “[Prima
sequenza polifonia della telefonata]” Una tensione ermetica vissuta con e nel
linguaggio è ipotizzabile (forse) sperimentarsi in:

[DELL’IRRADIAZIONE]

luce della luce dei corpi senza luce
luce dell’essere dei corpi senza essere
essere del tempo dei corpi senza tempo
diversamente linguaggio ai bordi
della parola
appena pronunciata sulla tela marginale contorno
lenta
illuminata irradiazione di insufficienza ovale
evanescente scendi sul suo
capo sul suo cranio opaco.

Riflessioni stimolanti sul rapporto tra parola, spirito anima e corpo sono
riscontrabili in:

[SECONDA SEQUENZA POLIFONIA DELL’
IMMEDESIMAZIONE]

quello che è
uscito dal presente non esiste più
quello che resiste quello che
sussiste l’immagine
si vive sempre in un eterno presente
il vuoto
entrato nel baratro della rappresentazione
chi è stato toccato dalla
morte non può più essere toccato
in trine ghiacciate in sudorazioni
immobili:
materia alla base della parola non spirito
più è profondo
nello spirito più è profondo nel corpo
tentazione di elevazione al
massimo del corpo
sola possibile dominanza sulla garanzia “anima”:
non
si può essere quello che si è
così inanimato ti distendi vastamente
inglobato
ognuno è attirato da un nulla
come irretito nel rigido
vascello dell’usanza ormai nuova
l’ombra precede sempre il riflesso
mentre l’umanità abbandonata ti rimira a distanza —
ogni dissidio del
linguaggio è un dissidio dalla realtà
le tue braccia rigide i tuoi
capelli neri il collostelo
la non descrizione esprime una estraneità
dove appendevi i tuoi pensieri la dentiera sovrapposta all’orrore


È, questa della Frene, una poesia che si innesta in un
tessuto ben riconoscibile di ricerca e sperimentazione dell’attuale poesia
italiana, arricchendone il panorama e arricchendosi nella propria personale
espressione, grazie a una genuina freschezza di contenuti e a un entusiasmo che
informa anche lo stile elaborandolo in varianti più che apprezzabili: entrambi
nati da un’intensa e tragica esperienza. Il valore della testimonianza è
indubbio e alto.