Il film Rezervni Deli (Pezzi di ricambio) di Damjan Kozole ha ricevuto la speciale menzione della giuria di Alpe Adria Film Festival 2004 perché “si tratta di una pellicola animata da grande forza, onesta e diretta, che parla in modo non convenzionale del traffico di esseri umani. Dimostra che talvolta anche i balordi possono avere cuore ed è venata da un tocco di nostalgia amara che traccia l’immagine dei nostri vecchi buoni tempi, quando bevevamo la nostra stessa urina, la gente veniva ammazzata mentre attraversava i confini e l’Europa era meravigliosamente disunita”.
Corrado Premuda (CP): Incontriamo a Trieste Damjan Kozole che al “Trieste Film Festival” 2004 organizzato da Alpe Adria Cinema, ha inaugurato la serata iniziale con il suo film “Rezervni deli” (Pezzi di ricambio, ndr).
Buongiorno, vorrei chiederle qualcosa riguardo il suo film, con il quale lei tratta parecchi argomenti tipici della Slovenia di questi ultimi anni, partendo dagli immigrati clandestini, ma passando anche per Krsko e la sua centrale nucleare, il cancro, e molti aspetti sociali tra i quali la globalizzazione e l’entrata della Slovenia nell’Unione Europea. Qual era la sua idea mentre girava il film? Voleva parlare della Slovenia da un punto di vista sociale?
Damjan Kozole (DK): Innanzitutto buongiorno. Sì, effettivamente nel film parlo di un periodo e di un luogo in cui stiamo vivendo. La Slovenia si trova in una situazione particolare: noi siamo una sorta di cordone sanitario per l’Unione Europea. Diventeremo membri della Comunità Europea tra pochi mesi ormai e d’altra parte abbiamo ancora una forte eredità dall’ex regime, dall’ex Iugoslavia, e adesso c’è una situazione completamente nuova con questi immigrati clandestini. Ma raccontare una storia semplicemente sugli immigrati era troppo facile, troppo scontato per me, e ho deciso che avrei dovuto parlare della parte slovena, di questo traffico umano, della moralità, dell’etica di quelli che trasportano oltre il confine tra Slovenia e Italia questa povera gente. Ma è una storia che riguarda anche Krsko, la mia città natale, nella quale ho passato tutta la mia infanzia. Invece il cancro non è una malattia tipicamente slovena… In pratica ho cercato di parlare di una parte della realtà attuale del mio paese.
CP: Che cos’è per lei la creatività? Intendo il processo creativo, da quando comincia a pensare ad un film fino a quando poi lo realizza.
DK: Il mio modo di operare è forse un po’ particolare perché io adopero molte informazioni che prendo dai giornali e da altre fonti, consulto sempre molto materiale che diventa la base del mio lavoro. Tra l’altro sto proprio lavorando ad un nuovo progetto che in qualche modo è una storia vera, utilizzo la realtà per inserirla in un film di fiction che si basa su fatti reali.
CP: Quali sono le responsabilità di un artista, di un regista? Responsabilità rispetto al pubblico, rispetto al suo paese…
DK: Prima di tutto devo premettere che i miei film sono piuttosto neri, deprimenti, ma chiaramente non tutto è così cupo nel mio paese. Ma se mi chiede qual è la mia responsabilità, devo rispondere che per me bisogna parlare dei nostri problemi, non solo dei lati gioiosi della vita ma anche delle difficoltà, dei problemi sociali, di tutti quei problemi che abbiamo intorno, specialmente nel nostro paese. Potremmo anche parlare dei problemi in Italia, in Croazia, nei paesi vicini, ma prima dobbiamo descrivere la nostra realtà.
CP: Alcuni mesi fa ho parlato con una curatrice d’arte slovena, Barbara Novakovic di Lubiana, e lei mi ha detto che, alla vigilia dell’entrata della Slovenia nell’Unione Europea, esiste uno specifico senso d’identità del popolo sloveno ma anche qualcosa che appartiene all’area culturale balcanica. Lei è d’accordo con questa affermazione?
DK: Sì, certamente. Noi facevamo parte dell’identità balcanica, abbiamo avuto più di novant’anni di identità ed esperienza iugoslave… ed inoltre siamo anche noi un popolo slavo come i Croati o i Serbi, per cui questa è un’altra ragione. Il terzo motivo è la lingua, che è abbastanza simile, per cui sono completamente d’accordo, sì. Abbiamo avuto parte nell’esperienza mitteleuropea e parte in quella balcanica, la Slovenia è una specie di miscuglio culturale di queste esperienze, è qualcosa di molto particolare e secondo me è una situazione privilegiata per noi.
CP: Dopo questo film molto bello che ha realizzato l’anno scorso, ha dei progetti, qualcosa di nuovo a cui lavorare?
DK: Proprio in questi giorni filmerò una parte di Omnibus, una produzione danese, e il titolo è Regioni d’Europa: sono stati scelti venticinque registi da altrettanti paesi dell’Unione Europea, ci hanno dato un piccolo budget e cinque minuti di tempo, l’argomento è l’Europa e ognuno può realizzare ciò che vuole. Girerò questo e poi preparerò qualcosa per la televisione nazionale slovena e sto anche sviluppando alcuni nuovi progetti… per cui lavoro molto!