Immagine articolo Fucine MuteLa Mole Antonelliana è il simbolo di Torino. Alta centosettanta metri, è la costruzione in muratura tradizionale più alta al mondo. Doveva ospitare, nelle intenzioni dei suoi costruttori e committenti, il tempio israelitico della comunità ebraica torinese, invece è diventata la torre panoramica della città e da qualche anno la sede del Museo Nazionale del Cinema. Una sede espositiva spettacolare, adattissima a ospitare la settima arte made in Italy nel cuore di una città che ha visto già nei primi decenni del Novecento nascere e fiorire l’industria cinematografica italiana.

Il percorso del Museo inizia con una serie di spazi che propongono al visitatore un viaggio affascinante attraverso gli ultimi due secoli sulle tracce di tutti gli esperimenti ottici e visivi che hanno portato all’origine del cinema. Si parte dall’anamorfosi catottrica, dalla prima camera oscura e dal teatro d’ombre che hanno aperto la strada a questa nuova forma espressiva. Già Carlo Goldoni nel 1760 parlava con meraviglia “d’ottici cristalli”, intendendo in pratica le scatole ottiche che nell’Ottocento si diffusero nell’Europa occidentale come strabiliante intrattenimento popolare. Notevoli sono le scatole ottiche per diorami teatrali, che altro non sono se non le prime scenografie, e le peep eggs d’epoca vittoriana, scatole ottiche che sono insieme oggetti raffinati, diffusi tra i nobili inglesi. Tutti prototipi in mostra nella Mole, come anche i più complessi panorama e cyclorama, destinati a un pubblico familiare.

Una bella galleria di lanterne magiche e di vetri per lanterna ci riportano intatta la magia del tempo, quando anche la fotografia e la stereoscopia cominciavano a diffondersi incantando il pubblico e trasformando la società. Le macchine fotografiche di allora erano di legno, alcune davvero pregevoli, gli accessori passano dai visori alle lenti, per arrivare alla carriola fotografica, una sorta di camera oscura ambulante che portava in giro per i paesi e le città la strabiliante novità. Si arriva fino alla cronofotografia, all’aletoscopio che permette di ingrandire le immagini e creare l’effetto notte/giorno assolutamente innovativo per l’epoca. Con il folioscopio si assiste a un’ulteriore evoluzione: ora è possibile creare brevi scene animate. E il passo successivo è il kinetoscopio, apparecchio per vedere brevi film realizzati su pellicole di celluloide perforata di 35 millimetri.

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La stanza successiva ricrea la prima proiezione pubblica dei fratelli Lumière: la famosa scena del treno che arriva verso gli spettatori e qui nel Museo di Torino all’immagine si sostituisce un modello giocattolo di locomotiva che buca letteralmente lo spazio! Giunti nel centro del museo si apre intorno ai visitatori una serie di ambienti che ricreano, ciascuno, un aspetto del mondo cinematografico. Si parte dalla grande scenografia del dio Moloch di “Cabiria”, film del 1914 di Giovanni Pastrone per cui d’Annunzio scrisse le didascalie, “le più spaventosamente letterarie e mistificanti della storia del cinema”. Una pellicola straordinaria, di cui vengono mostrate alcune sequenze, che presenta una serie di innovazioni tecniche notevoli, tra cui l’uso espressivo della panoramica e del carrello e che venne proiettato in pubblico per la prima volta proprio a Torino, al teatro “Vittorio Emanuele”. Si passa così allo spazio del Caffè Torino, dedicato alla città che ha rappresentato davvero una mecca del cinema italiano ed europeo, per l’industria cinematografica, per gli studio, ma che è stata anche spesso teatro di posa per diverse importanti pellicole.

Gli altri ambienti ricreano alcuni dei più famosi generi cinematografici. Il genere catastrofico, rappresentato da una sorta di grande Big Bang apocalittico in cui passano le immagini di alcune pellicole a tema. Il tema di amore/morte nella scenografia di un grande letto rosso su cui ci si stende per assistere al passaggio, sul soffitto, delle immagini scelte. In un laboratorio chimico ecco invece il genere fantascientifico e fantastico. Si passa poi in un salotto di casa perfettamente ricostruito in cui il tema è vero/falso, che va dalle biografie di personaggi storici a film che reinterpretano avvenimenti reali. Il genere dell’assurdo trova spazio in un enorme bagno in cui le poltrone per sedersi sono numerose latrine allineate e i film di animazione occupano una sorta di bosco incantato.

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Fino a qui una sorta di parco dei divertimenti. Salendo i vari piani della Mole s’incontrano invece le esposizioni dedicate alle varie attività che compongono la realizzazione di un film. Il montaggio, gli effetti speciali, il sonoro, la scenografia, la macchina da presa, perfino il pubblico e le sale hanno ciascuno una serie di oggetti caratteristici e le immancabili proiezioni di spezzoni a tema. C’è spazio poi per i memorabilia: un costume di Rodolfo Valentino, la bombetta di Charlie Chaplin, un bracciale di conchiglie e un bustino appartenuti a Marilyn Monroe, oltre a oggetti della memoria collettiva come l’uovo di “Aliens” e la testa del pericoloso pesce de “Lo squalo”. Una lunga galleria che si arrampica verso l’alto della Mole ospita, di volta in volta, una selezione di manifesti originali: nell’autunno 2003 tocca alla galleria delle dive italiane e ai film da loro interpretati. Sono presenti tutte da Lucia Bosè a Giovanna Mezzogiono: si tratta di una mostra che è stata presentata e allestita con successo a Hollywood nei mesi scorsi.

Tornando in basso nello spazio centrale dell’edificio, dal quale si ammirano gli spazi espositivi e l’ascensore che porta alla vista panoramica sulla città, ci sono comode poltrone con cuffie incorporate per assaporare alcuni filmati che illustrano un evento cinematografico o celebrano un regista. Da non perdere il book-shop del museo in cui si possono trovare gadget di tutti i tipi ispirati al cinema, molte pubblicazioni di genere, manifesti, fotografie. Il bar-ristorante presenta un menu interattivo inserito su uno schermo che fa da base ai tavolini, le immagini che scorrono hanno per protagonisti attori che mangiano naturalmente.

Immagine articolo Fucine MuteLe attività del Museo Nazionale del Cinema sono sempre numerose, ben documentate sul mensile “La rivista del cinema”, giornale gratuito diretto da Alberto Barbera che per il periodo autunnale prevede una retrospettiva sulla produzione del grande maestro tedesco Friedrich Wilhelm Murnau, sulla cinematografia algerina da ’76 ad oggi e sul cineasta Corso Salani. Si è appena conclusa con successo la mostra “La dolce vita — Scandalo a Roma”, allestita insieme all’Istituto Luce e alla Scuola Nazionale di Cinema, che ha proposto una serie di foto d’autore scattate sul set del celebre film di Fellini, un film che ha inciso notevolmente sulla società italiana e che ha contribuito a fornire un’immagine nuova, più vivace e meno stucchevole, di Roma. Il Museo si avvale del contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione Generale per il Cinema, e opera in collaborazione con cineteche, archivi e istituti italiani e stranieri.