Tenerezza e amara disillusione si avvicendano e accompagnano Silvia Caratti nella scrittura di questo suo libro di poesie intitolato La Trama dei metalli, pubblicato di recente per la casa editrice Lietocolle Libri. Alla scoperta del mondo e delle sue profondità, della “trama dei metalli” che lo costituisce, l’io lirico percorre tutto ciò che lo circonda con la vista, con il tatto e con il gusto, infilandosi con prepotenza nei meandri della materia. Ma a questo continuo confronto con la corporeità, a questo rapporto tutto novecentesco con le “cose” ed il loro non senso, la poetessa continua a ripetere instancabilmente una stessa domanda: quella che corrisponde alla ricerca di un nome. Il nome è ciò che permette di chiamarsi e riconoscersi, portatore d’identità fonda la conoscenza ma soprattutto il dialogo con l’altro aprendo un varco fuori dalla solitudine. Ecco allora che, coerentemente con i moduli di una tradizione letteraria al femminile ormai consolidata, il discorso ontologico-esistenziale sfuma fino a coincidere con quello amoroso. Una delle spie di questa sublime fusione sta ad esempio nell’uso del riferimento biblico della creazione dell’uomo a immagine e somiglianza di Dio (Genesi 1,26) per descrivere nel componimento “Il nostro amore differente” la relazione di “immagine e somiglianza” esistente tra amanti. La ricerca di riconoscimenti e somiglianze, salvo brevi momenti di felicità, è però destinata al fallimento e alla solitudine. L’io lirico sospinto sulla strada di Sodoma e Gomorra si ritrova infatti da solo a cercare quel nome che non si trova, che resta inevitabilmente sfracellato dietro ai denti. Tutta la raccolta di Silvia Caratti si sviluppa quindi attorno a questo grande tema della ricerca del nome, che in fondo racchiude l’essenza stessa del fare poesia. La divisione dell’opera in tre sezioni, introdotte ognuna da una significativa citazione, compatta la materia poetica e permette proprio l’articolazione e la progressione di questo discorso. E sulla scia di questo filo rosso, al tenero e appassionato desiderio d’amore, rivelato nella prima sezione, succede infatti la lucida constatazione della mancanza di una legge che leghi e nomini le cose del mondo. Solo la differenza e la lontananza dominano l’universo poetico secondo le forze spietate della perdizione e dell’entropia. Eppure, anche di fronte a questa “scientifica” evidenza, la poetessa non rinuncia a tracciare e ad offrirci nell’ultima sezione del libro la “sua” cornice, quella che tiene assieme, che riconosce e che salva in un commovente mosaico almeno alcuni “sentimenti bellissimi” personificati da una carrellata di personaggi del mondo delle lettere e della musica. Quello della Caratti è un tentativo estremo per salvare con la poesia ed i suoi nomi quei sentimenti, quelle immagini e quei suoni che attraversano su un fragile e bellissimo filo una materia ed una vita incontrollata ed incandescente. Ad occhi aperti la poesia sogna ancora di essere bussola per chi nonostante tutto in questa officina spera di salvarsi avvinghiandosi sempre di più all’affascinante ed infernale “trama dei metalli”.
UNA DONNA
Non ho nemmeno un nome tutto mio,
come tanti altri d’altronde
qui nello spazio dove vivo io
ho sentito dire di uno
che va nelle officine a forgiare i metalli.
Ho trovato nel bosco
il mio amore, morto.
Anche quell’altro alla fine…
Che fossero gli stessi?
***
Ci sarà qualcosa che nessuno ha visto prima?
Un plesso una biforcazione
uno strato, un umidore segreto?
Vorrei poterti entrare fin nel nucleo,
fino a lì vorrei saperti succhiare
lontano dalle mani
che ti hanno avuta prima:
l’interno della palpebra,
lo sterno,
il bordo gengivale dell’ultimo molare
(la verità, vi prego, sull’amore)
***
Il nostro amore differente
è il lato oscuro della riconoscenza.
Ora ho capito quell’esser fatti
a immagine e somiglianza.
***
Spesso la notte faccio simili pensieri
quando lieve tu mi dormi accanto
mi domando cosa ci leghi
all’ultimo pianeta
o se l’universo produca un suono
o se il tempo non sia un imbroglio
e in realtà noi ci dobbiamo ancora amare.
Io so che tutte le domande hanno un nome.
***
Forse siamo i metalli inglobati nella terra
o nei ghiacciai spezzati, penso fissando
il fondo della stanza spenta
e ascolto i tuoi ventricoli al lavoro,
la caduta del sangue nei vasi,
la microscopica conta dei valori,
l’infinitesima crescita dei peli.
E sia,
sia pure tutta quanta qui la vita che mi offri,
che mi propaghi
e muti nella forma più secreta.
***
Sono una massacrata
sulla via di Sodoma e Gomorra,
sono la fondazione del tuo regno
ormai disconosciuto
e le sue porte sfondate,
e il suo nome sfracellato dietro ai denti.
***
PRIMO
A P.Levi
Quel nostro essere costanti
anche nella differenza,
come le vite che trascorremmo urlando.
Te le ricordi? Ricordi
la terra e il metallo?
…fummo la perdizione, ti dico,
e insostenibile , per questo, è ritrovarsi.
da Silvia Caratti, La trama dei metalli, Lietocolle Libri, 2003