Immagine articolo Fucine MuteTiziana Carpinelli: Ci troviamo assieme al poeta Giampiero Neri e approfittiamo per rivolgergli alcune domande. Con semplicità lieve e al contempo quasi onirica lei raccoglie nel Teatro Naturale l’essenza della quotidianità e del creato, mettendo in luce la paradossale vanità ingannevole di ciò che appare: ci può dare una definizione della sua visione?

Giampiero Neri: Volendo indicare la scena del mondo, gli orientali parlano di immagini del mondo  fluttuante. Io mi sento molto vicino a questa definizione.

TC: La sua è una poesia che dissemina segnali, indizi, apparizioni come fossero foglie di verità trasportate dal vento: a suo avviso il Poeta dev’essere un osservatore silente che raccoglie il dualismo della realtà? Il Bene e il Male esprimono una dicotomia necessariamente irriducibile?

GN: Penso a un osservatore che descrive e non giudica, ma quanto a Bene e Male, penso che siano compresenti in ognuno di noi, come la luce e l’ombra.

TC: In Teatro Naturale lei canta il gufo, il pesce d’acqua dolce, la lumaca: cosa rappresentano?

GN: Sono esempi paralleli della nostra stessa vita, “ritratti in maschera”, come ha osservato qualche critico, storie che continueranno a ripetersi sulla scena del teatro naturale, secondo uno schema il cui significato ci sfugge.

TC: Nella poesia Storia Naturale lei scrive, con una straordinaria alchimia del linguaggio, i seguenti versi:

Come punte di selce i frammenti
della memoria e del sogno
si posavano sul fondo del lago.

Cosa rappresenta per lei la memoria?

GN: Penso di essere legato soprattutto alle memorie della mia vita adolescente, mi sembra anche compito della poesia quello di custodire le memorie, in modo che non si perda la traccia del passato.

TC: Il naturalismo descrittivo evocato nell’Erbario mi fa pensare ad una “poetica delle piccole cose” di pascoliana memoria: lei sente nel suo percorso questa eredità? E se sì, in che misura?

GN: I miei interessi sono andati più nella direzione della ricerca scientifica che letteraria, dai “Ricordi entomologici” del Fabre agli studi sulle termiti di E.Marais. Sono studi entrambi che sollevano i problemi più vasti della nostra esistenza.

Immagine articolo Fucine Mute

TC: Novalis ha detto: «Ogni cosa poetica deve essere fiabesca […] Il genuino poeta di fiabe è un veggente dell’avvenire ». Come si pone nei confronti di questa definizione?

GN: C’è un modo di guardare, in poesia, che può essere considerato caratteristico e in qualche modo “naif”, simile al “poeta di fiabe”.

TC: Vorrei riprendere per i lettori di Fucine una sua poesia:

INTERMEZZO (a Giorgio Luzzi)

Quello stormo di uccelli
si abbatteva vociante
sui rami di un albero
come a un traguardo.
Ma era un’altra la posta in gioco,
a dirigere il volo impetuoso.

L’evocazione del volo degli uccelli rimanda ad un traguardo che evidentemente travalica il mondo animale per identificarsi invece con la posta in gioco del vissuto umano. Cosa rappresenta oggi per lei questa posta in gioco?

GN: Si potrebbe dare più di una risposta ma riassuntivamente direi che, per chi scrive, è la stessa poesia.

TC: So che entro breve pubblicherà una nuova raccolta, può regalarci una anticipazione?

GN: Certamente.

Mimesis

Delle figure e dei fregi
si osservano sulle ali delle farfalle
e in altre specie diverse
ornamento e difesa insieme,
simili a cerchi e disegni
detti anche macchie ocellari,
sono una varietà di mimetismo
l’immaginario occhio di Dio che guarda.