Lights Out — Cover“Lights Out” è il secondo album degli Antimatter, ovvero il progetto di Duncan Patterson e Mick Moss, amici di lunga data ritrovatisi dopo l’uscita di Duncan dagli Anathema. È inoltre il successore di “Saviour”, lavoro che fu giustamente acclamato dalla critica per la sua originalità e inclassificabilità. Si presenta in un elegante e sobrio digipack nero, nel quale compare più volte l’immagine di una sedia nel buio, fiocamente illuminata: qualcuno si è alzato da lì e se n’è andato in fretta. Resta una sensazione di abbandono e solitudine che introduce adeguatamente l’opera.

Il disco è frutto di due stili musicali diversi eppur compatibili: Patterson è più sperimentale e imprevedibile — credo che tutti i pezzi da lui firmati possano essere così descritti — mentre Moss segue maggiormente la forma canzone, basta ascoltare la splendida “Everything you know is wrong”, proposta anche in una semplice e poetica versione acustica. A mio avviso lo stesso discorso vale per i testi, perché il primo sembra scrivere più di getto ed è più “ossessivo”, per esempio nella title-track oppure in “Reality Clash”. Nonostante queste differenze, tutto “Lights Out” è avvolto nel buio e suona scarno, essenziale e triste; talvolta sembra proprio emergere una sorta di disagio psicologico, sto pensando a “Expire” e al suo disturbante ripetere “I’ve a solution, a final solution”, oppure all’uso dei sample, come l’urlo e lo schianto di “The art of a soft landing”. Il luogo nel quale ci si trova ascoltando l’album è creato da un uso minimalista dell’elettronica e delle percussioni, che ha ricordato a molti i Portishead, anche se — com’è possibile leggere nell’intervista — Duncan non considera quel gruppo un’influenza per la sua musica, e non gli si può dar torto: suona da moltissimi anni ed è indubbiamente creativo e autonomo, come dimostra “Terminal”, traccia ambient (?) esclusivamente strumentale da lui scritta e posta a conclusione di “Lights Out”. In questo scenario sopra descritto il ruolo principale è recitato dalle chitarre acustiche e dal piano, strumentazione che conferisce definitivamente all’album una dimensione intima, raccolta e introspettiva. Solo in alcuni momenti precisi intervengono le chitarre elettriche a porre l’accento dove la canzone diventa più rabbiosa dal punto di vista lirico.

Duncan Patterson e Mick MossIl duo di musicisti sembra voler mantenere aperta la formazione del progetto Antimatter: qui Jamie Cavanagh degli Anathema ha aggiunto delle percussioni ed ha seguito la produzione, mentre in “Saviour” c’era stata la partecipazione in sede di produzione e di sampling di Brian Moss dei Drug Free America e Lecter Smith (ex Cradle Of Filth, ex Ship Of Fools, e attualmente negli Anathema). Inoltre — come per il loro primo album — ad interpretare alcuni brani troviamo Hayley Windsor dei Drug Free America e Michelle Richfield dei Sear, due eccezionali voci femminili. Dal mio punto di vista ritengo che la Richfield abbia reso semplicemente incantevole un brano come “Dream”, canzone manifesto di delusione e disillusione. A cantare inoltre c’è lo stesso Mick Moss, che ricorda un po’ David Gilmour: per questo la già citata “Everything you know is wrong” richiama molto i Pink Floyd, non solo musicalmente. Va detto che, poiché la convinta interpretazione di “In Stone” toglie ogni dubbio sulla personalità dell’uomo, non si tratta di banale clonazione — anche se parlare dei Pink Floyd vuol dire chiamare in causa un gruppo dichiaratamente amato da entrambi i musicisti in questione, al quale inevitabilmente si finisce per pensare ascoltando alcuni pezzi.

“Lights Out” è un album cupo e dolente, che parla — attraverso il linguaggio libero e creativo degli Antimatter — di sorprese amare, di tradimenti e alienazione. Otto tracce che hanno il suono — acustico, elettrico, digitale — di uno scontro durissimo con una realtà che non si immaginava. L’unica stecca, anche questa emersa in sede d’intervista, non è musicale: la distribuzione è carente, a causa di cambi di etichetta e magari — secondo me — della difficoltà di trovare un grosso distributore disponibile a far circolare un prodotto che è (fortunatamente) al di fuori di tutte le regole del marketing discografico; prova ne sia il fatto assolutamente inedito che nessuno ha definito “Lights Out” con quelle formule sintetiche tipo “gothic/dark metal”, “trip hop”, fondamentali e insostituibili per intendersi coi lettori, ma decisamente fuorvianti nel caso specifico. Da quest’ultima considerazione nasce un nuovo interrogativo: da appassionato, come fare per inquadrarli, oltre a scaricare immediatamente i file “mp3” dal sito ufficiale? Oltre ai collegamenti con Portishead e Pink Floyd, un’altra possibile comparazione può essere fatta scoprendo con quali altri gruppi collaborano la The End Records e la Prophecy, che distribuiscono gli Antimatter rispettivamente negli Stati Uniti e in Europa: Ulver, Arcturus, The Gathering, Virgin Black, ovvero formazioni che con il nostro gruppo hanno in comune l’origine “metallica”, l’attitudine sperimentale e la contaminazione con la nuova musica elettronica emersa negli anni Novanta. Chi apprezza il tipo di mentalità di queste band, dovrebbe lasciarsi incuriosire dagli Antimatter.

Mick Moss

Va detto però che ognuno fa storia a sé, infatti Duncan Patterson sta avviando una sua etichetta personale, la Strangelight Records…

Unici.