Corrado Premuda (CP): Incontriamo Manuela Sedmach davanti al Canal Grande di Trieste dove è stata appena inaugurata la sua installazione di fiori di stoffa che riprende il tema di “Occhi bianchi”, la mostra personale che ha tenuto qualche mese fa al Palazzo Gopcevic di Trieste.
A Manuela domando, per cominciare, come è nata l’idea di portare un’opera d’arte fuori dal museo.
Manuela Sedmach (MS): Nasce innanzitutto da un grande amore per questa città, per Trieste, e dalla volontà di conoscerla a fondo, nei suoi lati più misteriosi. è chiaro che visto con gli occhi di un artista, tutto diventa luogo fruibile per sostenere il proprio lavoro. Nel caso specifico, avendo un cane sono sempre portata a passeggiare per la città e quando si passa davanti a questo specchio d’acqua, davanti al Canale, le idee arrivano da sole… perché è un posto splendido e offre molte possibilità già di per sé: ha sul fondo relitti di barche, vecchie biciclette ormai piene di concrezioni marine, per cui basterebbe puntare un faro ovunque e già si concretizzerebbe un’opera. Così quest’idea è nata pian piano, supportata poi dal fatto che sono stata invitata ad allestire la mostra a Palazzo Gopcevic (che si affaccia proprio sul Canal Grande, n.d.r.) e la possibilità dell’installazione è stata una conseguenza logica.
CP: Le istituzioni locali sono state particolarmente attente a quest’opera di arte pubblica perché ricordiamo che l’evento è organizzato dal Museo Revoltella, da ComunicArte, con il sostegno dell’A.I.A.T. di Trieste (agenzia per la promozione turistica) e della Fondazione CRTrieste. Quindi, secondo te, c’è una nuova apertura da parte delle istituzioni verso le forme d’arte più popolari che si avvicinano alla gente?
MS: Sì, io mi sento un po’ un esperimento… però questa mia idea è stata accolta con entusiasmo da tutti, probabilmente perché è molto scenografica e quindi anche piacevole, perfetta in un contesto estivo. Io ho notato interesse e addirittura insistenza nel realizzare l’opera, per cui è stato anche un coinvolgimento emotivo, e speriamo che sia solo l’inizio per una maggiore attenzione verso certi luoghi che possono essere sfruttati annualmente, con una certa ricorrenza, per l’arte. Credo sia un bel momento… speriamo vada avanti così!
CP: Con il ciclo di opere intitolato “Occhi bianchi”, a cui poi s’ispira anche l’installazione che vediamo qui in questi giorni, cosa hai voluto rappresentare? Io ho notato ad esempio l’effetto della trasparenza, che già dai quadri emerge in maniera molto forte. Forse con questi fiori di stoffa sei riuscita a rendere ancora più tridimensionale il fiore che già sulla tela veniva fuori in qualche modo. Qual è l’idea da cui sei partita per il ciclo “Occhi bianchi”?
MS: La morbidezza della stoffa sott’acqua si sente, i fiori così sono meno finti, tanto che in molti li prendevano per fiori veri… Il ciclo di lavori che rappresenta questi fiori, tra virgolette perché rappresentazione è una parola troppo specifica, porta a individuare dei soggetti che, con un’osservazione attenta, sembrano essere fiori inseriti in un mondo acquoso, anche se ciò non era intenzionale. Probabilmente c’è proprio la necessità di guardare sempre tanto le cose. Osservando i quadri mi sono detta “Perché no?”.
C’è stata tutta una serie di combinazioni… dalla passeggiata col cane all’individuazione del Canal Grande al vedere che il lavoro poteva essere inserito in un altro contesto… anzi, proprio come dici tu, guadagnando tridimensionalità ma senza cambiare poi notevolmente, perché se nelle tele c’è questo percorso di velatura che s’interpone tra l’osservatore e l’oggetto, qua è sostituito dalla massa d’acqua. Per cui, chissà, forse è la stessa cosa: solo l’installazione è un po’ più scenografica e all’aperto. Il subacqueo, Ricky Zacchin, che ieri mattina ha fatto delle foto sott’acqua, ha detto quanto impressionante sia vedere il lavoro dal fondo e quanto quest’opera sia simile ai quadri. In realtà poi ho visto anch’io le foto e devo dire che ci siamo!
CP: Ho una curiosità riguardo il titolo: come mai “Occhi bianchi”?
MS: Forse indica uno sguardo alieno che mi sento di dover tenere nel guardare il mondo, uno sguardo nuovo, di bimbo: gli occhi dei bimbi e degli anziani sono velati, sono più lattiginosi, ma sono anche occhi aperti al guardare per vedere, non con la nostra abitudine nel vedere. Questo è uno sguardo alieno che vede sempre le cose per la prima volta.
CP: Questo sguardo alieno io lo traduco come sguardo d’artista, e proprio su te come artista vorrei farti l’ultima domanda. A Trieste ultimamente la situazione artistica si sta evolvendo, tu che sei una professionista che ha avuto esperienze in giro per l’Italia e all’estero, cosa pensi della condizione dell’arte oggi a Trieste, dove ci sono realtà nuove come “Revoltella Contemporaneo”?
MS: Sì, l’iniziativa di “Revoltella Contemporaneo” è molto bella, in realtà è un’apertura nuova, forse più facile da gestire per l’arte contemporanea, dal momento che il nostro museo è bellissimo ma ha difficoltà a gestire mostre frequenti. Per il resto, penso dipenda da noi artisti proporre delle cose, ci vuole comunque sempre una collaborazione tra enti e artisti: uno dà e uno coglie… e poi insieme, sempre insieme, si realizzano gli eventi. Almeno a me è successo così…