Non è senza sorpresa che ci ritroviamo tra le mani un fumetto che, una volta tanto, chiede di essere semplicemente letto, e di intrattenerci in piacevole compagnia senza implicazioni intellettualistiche di sorta, ma al contempo senza cadute di tono al di là di quel confine sottile tra la freschezza della commedia e la banalità dell’umorismo più superficiale.
Boneyard, il cimitero scritto e disegnato da Richard Moore (Far West, The Pound, Déjà vu), gioca nella sua apparente semplicità con numerosi clichés dell’immaginario di genere — horror, commedia, azione, con una punta di romanticismo e alcuni risvolti da sit-com — e relativa iconografia: la neutralità del protagonista Michael Paris, la seducente personalità di Abbey, e tutto quanto fa riferimento ai simpatici mostri che vivono nel cimitero, primo fra tutti lo scheletro Sid che, come da copione, è fatto di ossa sospese nel vuoto senza alcuna congiunzione apparente, da sparpagliare e rimontare a piacimento.
Non nuovo a contaminazioni tra topoi afferenti a diverse aree tipiche del racconto per immagini, Moore probabilmente corre i suoi rischi — in fin dei conti manipolare con originalità il già visto può apparire impresa da poco solo con l’esito finale comodamente sotto mano —, ma ci restituisce un risultato caratterizzato da una leggerezza grafica e narrativa che tuttavia non si appiattisce alla semplice galleria di immagini, situazioni e personaggi: dal ritmo sapientemente infuso ad ogni tavola, dallo spazio lasciato ai personaggi per svilupparsi pian piano (anche in situazioni di contorno, come la memorabile serie di battute del corvo parlante Edgar), dai sopra menzionati stilemi espressi nella loro piena potenzialità, mai banalizzati in piatte “sottostorie di sottogenere”.
Passiamo, allora, alla storia: un timido ragazzo tuttavia non privo di forza d’animo eredita un cimitero in un isolato paese dalla toponomastica inequivocabile — Raven’s Hollow — su cui pare incombere un perenne temporale a segnare il confine tra la propria maledizione ed il resto del mondo. Non tarderemo a scoprire da chi sarà abitato il boneyard del titolo, e perché — sindaco Wormwood in testa — gli abitanti siano tanto presi dalla smania di abbatterlo.
Classico scontro tra piccola società benpensante e minoranza incompresa, all’inizio il racconto procede per l’altrettanto classica necessità di una presa di posizione da parte di Michael, che come possiamo intuire si produrrà nella giusta direzione senza eccessive complicazioni — anche perché il Nostro è abbastanza compassato da prendere la situazione con sufficiente nonchalance.
Le cose cambiano quando, tra comitati di accoglienza al nuovo arrivato e umorismo nero che strappa al lettore più di un sorriso, Wormood tenta la sua ultima carta rivelandosi nella propria vera identità. Che ovviamente vi lascerò scoprire da soli.
Quello che appare come il punto debole della narrazione — una situazione critica che pare risolversi troppo presto, ed una sconfitta per il “cattivo” sin troppo semplice data la teorica disparità delle forze in campo — trova fortunatamente piena smentita dal resoconto finale di Michael e Abbey (a questo punto destinati a condividere da pari la scena), che confermano il medesimo dubbio del lettore fugando qualsiasi impressione negativa sull’esito della vicenda.
Ma, quale che sia il prosieguo, il racconto di Moore si rivela originale ed avvincente, e testimone — nella brillante riuscita della personale rielaborazione — di una notevole, divertita, e mai pregiudiziale, conoscenza delle fonti cui sapientemente attinge. Divertirsi con l’autore, con la piacevole sensazione di uno spessore ben superiore rispetto a quanto lo scorrere lieve della lettura lascia inizialmente presagire: questa, in sintesi, la forza di Boneyard — Il cimitero di Raven’s Hollow.
E, sotto la splendida luna piena che protegge un nuovo amore delineato per cenni, e forse mai destinato a dichiararsi, attendiamo il prossimo volume dall’intraprendente Shin Vision, editrice italiana del fumetto e di più di un’interessante proposta in diversi settori dell’editoria non solo cartacea.