TAG 17 numero 2Capita con le produzioni indipendenti: attendi l’uscita del numero, ti interroghi sugli esiti nella speranza che le aspettative di miglioramento non vengano disattese e, se non ti capita di valutare prima degli altri sceneggiatura, bozze e tavole ultimate, rischi di perdere il feeling con il prodotto finito.
L’esito della prima uscita di TAG17 è stato tutto sommato positivo: più che discreto il riscontro di pubblico nelle situazioni fieristiche, non male il venduto nonostante incidenti di percorso sul piano distributivo (a testimonianza di qualcosa che non funziona a dovere nei termini della professionalità di certo settore), scorrevole la sceneggiatura di Carmine Amoroso, interessanti gli autori nel complesso, con i complimenti all’inchiostratrice Raffaella Seccia per il terzo posto di Romics al premio “Fumo di China”. E con due padrini d’eccezione, Pino Rinaldi e Franco Spiritelli, a lasciar ben sperare per il prosieguo.
C’eravamo lasciati un anno fa, ma chi ha atteso The Invisibles e Kizuna n. 3 è abituato anche a peggio; eravamo rimasti ad un temporaneo fallimento della prima incursione nella Realtà Virtuale, Mark Meyers alle prese con un vuoto di memoria, Ehve intrappolata. Dove, lo scopriremo alla prima tavola del secondo numero, che consigliamo di aprire dopo aver riletto il primo e colmato il gap temporale generato dall’attesa.
Senza svelare troppo, accompagneremo il protagonista in un’azione anti-terroristica svolta sotto mentite spoglie, in un contesto che richiama — involontariamente, considerato a quanto risale il soggetto — quello tristemente noto dell’11 settembre. Come da manuale, il “cattivo” Akhab compare nel bel mezzo della storia, dopo essersi fatto invocare lungo tutto TAG17 n. 1 ove, nel rispetto del meccanismo della suspense, mancava di un villain di spessore.
È la prova del fuoco per Carmine Amoroso, e si può dire che la premesse sono promettenti: nell’attesa dell’epilogo, che presume un dualismo spinto fino al confronto finale, nonché l’editoriale di Fabio Bonetti, i primi tratti del personaggio sembrano giustificarne appieno la presenza e lasciare aperte diverse porte, lasciando il lettore in una nuova, piacevole attesa, nella speranza che non sia lunga quanto la precedente. Se possiamo essere ottimisti è perché tra le righe, ed un po’ sotto la superficie della narrazione, più di un episodio di confronto, preludio a quello madre, si svela lungo tutto il corso dell’organizzazione dell’intervento militare tra Mark ed il Capitano Rynald.

Montaggio alternato in TAG 17Vignette complementari, montaggio alternato, una ragionata suddivisione della tavola ne costituiscono il corrispettivo sul piano formale, laddove il racconto procede inizialmente in tal senso, per poi lasciare a Meyers il campo privilegiato dell’azione.
L’uso sapiente dell’inquadratura e del colore negli episodi di flashback contribuisce a sostenere il ritmo che si fa decisamente teso nelle fasi preparatorie alle sequenze più incalzanti: il briefing, l’esplorazione dei grattacieli dove conta il fuoricampo (visivo: il pericolo dietro l’angolo; sonoro: la voce off che guida l’azione), ove Amoroso si dimostra ben più che ferrato, specie se il tutto può essere supportato dalla preparazione militare rispetto alle situazioni narrate.
Un po’ meno bene, forse, in un paio di tavole dove il percorso di lettura si fa leggermente ambiguo, forzando un secondo esame della pagina: l’ambizione ad una tavola ricca e complessa si scontra talvolta con lo spazio a disposizione, a maggior ragione se il dialogo è altrettanto frammentario. Quando Maximus Press Studios potrà confrontarsi con un formato più consono alle aspirazioni anche questo limite potrà essere lasciato alle spalle.
Anche alcune illustrazioni non sfuggono alla critica, non risultando del tutto calibrate nell’equilibrio tra china e colore: se normalmente quest’ultimo tende a restituire la tridimensionalità degli spazi, non sono infrequenti situazioni in cui finisce con l’appiattire, e si ha l’impressione che qualche pagina avrebbe necessitato di maggior cura anche nell’inchiostrazione. Ma anche in questo caso il ritmo della pagina, e la conseguente frammentazione dei suoi spazi, si scontra con il formato, concausa di alcuni difetti non gravi e assolutamente non indicativi del valore dell’opera, che anzi risulta brillante, godibile e decisamente articolata.
Evidentemente debitore milleriano, al di là delle dichiarate influenze Image, Carmine Amoroso presenta, come sempre, uno spiccato senso del monologo, e una vocazione all’eroe-non eroe che fa della mancanza di memoria il lato di immediato interesse. Forse è proprio per queste origini, insieme alla relativamente poca visibilità che le circostanze hanno accordato al fumetto, che TAG 17 è stato un po’ snobbato dalla critica, come se un genere poco consono alla nostra letteratura a strisce costituisse di per sé il parametro di un fallimento annunciato o di un’ambizione mal riposta.

Akhab, villain di TAG 17, visto da Mario RossiCerto non si tratta di una storia seriale: Amoroso tenta quindi di delineare personaggi e situazioni d’impatto senza ricalibrarne di mese in mese i tratti caratteristici, indice di un proposito di non facile realizzazione. Ma per questo motivo, e per un approccio infine professionale ad un progetto completamente autogestito ed indipendente, la cosa meritava ben altra attenzione: magari seguita da stroncatura, ma se non altro a testimoniare che i critici, oltre ad esserci, fanno il proprio mestiere. Sembra quasi che un fumetto non seriale che non fa dell’impegno, dell’autoriflessività, della ricerca linguistica ed artistica spinte il proprio cavallo di battaglia non meriti che uno sguardo superficiale; ma il mondo è bello perché è vario, e non è colpa di Amoroso se la coscienza critica del fumetto in Italia va a braccetto con quella professionale, così come si può acquistare Mano senza rinunciare ad un po’ di svago, o scegliere tra i due territori senza troppi patemi.
Il pericolo di questo momento, più che altro, è che le peculiarità di TAG 17 ne facciano un fumetto a tratti adolescenziale, a tratti adulto, per una flessibilità che è un pregio, ma che al tempo stesso può far storcere il naso a qualcuno; a quanto pare, oggi le vicende di Mark Myers sono definitivamente uscite da tale interrogativo posto nel primo numero, cercando di far convivere con maggior decisione i due aspetti, con modalità forse più cinematografiche che fumettistiche, ammiccando al lettore più navigato e al giovane cinefilo. Sembrerebbe perfetto per un CD-ROM…