Christian Sinicco (CS): Sono a “Residenze Estive” con Božidar Stanišič, poeta bosniaco che vive in Friuli dal 1992. Io so che tu ti occupi e promuovi tutte le iniziative che riguardano la pace, i diritti civili e soprattutto i rifugiati. Leggendo “Confesso che ho vissuto” di Pablo Neruda, ricordo che anche Neruda era ambasciatore in Francia e si occupava di queste attività con i rifugiati spagnoli per riportarli in Cile, e vorrei ci parlassi di queste attività.

Božidar Stanišič (BS): In breve: l’impegno che possiamo chiamare “pacifista”, di cui mi occupavo anche in Bosnia, soprattutto negli anni di emergenza, cioè prima dell’inizio della guerra fratricida, penso che possa essere considerato l’altro lato di un impegno letterario che generalmente fa parte di un impegno culturale di ogni artista, poeta o letterato. In quell’idea vedo un sogno non realizzato, ma possibile se si sogna, perché la letteratura e l’arte in sé contengono quel sogno che può illuminare qualche strada per un futuro diverso.

CS: Nella tua poesia fai spesso riferimento ad un “noi”, a tanti altri e non semplicemente ad un lettore. Quanto questo “noi” può portare con sé i valori che servono per comunicare alla società?

BS: Con una breve digressione: mi considero un non-poeta. Fare quello che una volta si chiamava “poiesis” per me non è soltanto un punto di riferimento dal quale partire per una metamorfosi culturale-artistica, perciò non vedo il ruolo dell’arte e dell’artista staccato dal collettivo. Nell’individuo che esprime le proprie idee, visioni, sogni si possono riconoscere in molti, e quanti più siamo, tanto più il ruolo dell’arte è significativo.

CS: In “Metamorfosi di finestre” parti molto spesso da una situazione reale, quotidiana, per quanto talvolta dolorosa, per poi passare ad un momento diverso, per parlare con parole affettuose al lettore e induci alla riflessione in maniera surreale.

BS: Dicono che si può scappare dai ricordi, però non credo sia possibile scappare dalla realtà: se la realtà può svegliare quegli impulsi e quelle situazioni che umanamente e drammaticamente sono vissute penso che la poesia e la letteratura possono dirci molto di più. Devo dar voce agli oggetti stessi, ai movimenti, a tutto ciò che fa parte della stessa storia in movimento: perciò la realtà, ci piaccia o non ci piaccia, non è una ragione per fuggire da essa.

Mattino ancora mattino in un altro posto quel mattino ricordo facevo colazione col pane
col pane del forno del mio amico (lui leggeva libri
ah libri gracili compagni di viaggio della realtà
i suoi erano bizzarri di ombrosi
veli di oblio avvolti
e sognava anche sogni non di là
in una città che là anche adesso porta il nome della nebbia
che i contorni addolcisce di tutto perfino di ciò che è scomparso)

(da “La caduta del muro di Berlino, prima volta ovvero Quando ci confonde la storia contemporanea”, da Metamorfosi di finestre, Centro di Accoglienza “E. Balducci”, Zugliano (UD), 1998).

È un frammento delle cosiddette non-liriche, non poemi, un insieme di discorsi e di flussi di pensare, vedere, sentire, toccare. È come vedere un albero di cui tutte le foglie tremano esposte ad un vento forte.