Abbiamo incontrato Valeria Sarmiento, al Lido per presentare il suo film Rosa la China; un’intrigante storia di amori e tradimenti nella Cuba dei radio sceneggiati degli anni Cinquanta.

La locandina francese del filmMartina Palaskov Begov (MPB): Parliamo dell’idea generale del film. Come mai ha scelto questo tipo di sceneggiati per raccontare la vicenda di Rosa?

Valeria Sarmiento (VS): Ho girato molti documentari a Cuba e, a partire da questo tipo di esperienza, mi sono appassionata alla cultura cubana. Inoltre ho pensato al melodramma cubano, che trovo sia molto rappresentativo del modo di vivere a Cuba. Vivono di eccessi. I cubani camminano a loro modo, cantano in modo particolarissimo, parlano in modo diverso. Tutti questi modi di essere particolari  del cubano, li ho ritrovati nel melodramma. Ho voluto inserire anche la religione, molto importante a Cuba. Ma non solo la religione, anche la politica, la musica di Cuba. Ho voluto mescolare tanti aspetti di questa società.

MPB: Il film è inserito in una cornice particolare. L’aspetto formale della pellicola ci riporta ai melodrammi radiofonici degli anni Cinquanta a Cuba. Ci parli di questo aspetto.

VS: La radionovella, che è il punto dal quale io incomincio a narrare la mia vicenda (la voice off del narratore si affianca all’immagine di una vecchia radio, ndr), è la prima manifestazione di cultura popolare dell’America Latina. I radio sceneggiati incominciano a svilupparsi già a partire dagli anni Trenta. Io ho focalizzato la mia attenzione su un sceneggiato in particolare, che si chiama El derecho de nascer e che ha attraversato le frontiere di tutta l’America Latina. In seguito lo sceneggiato è diventato una famosissima soap opera e ne hanno fatto anche un film. Questo tipo di manifestazione popolare evidenzia molto la sensibilità particolare delle culture latino americane. Una soap popolare cubana non ha frontiere; la musica, la sensibilità sono riconoscibili da tutte le popolazioni di quest’angolo di mondo. Non ci sono frontiere che impediscano la comprensione del testo come in Europa. Anche la cultura elitaria è facilmente esportabile nei diversi stati latini; mi riferisco ad intellettuali quali Garcia Marquez, Vargas Llosa, Puig ed inoltre hanno tutti lavorato sulla materia popolare dei loro paesi. Per noi intellettuali che abbiamo ereditato molte caratteristiche di questi autori, è normale e naturale parlare di tematiche popolari. Ho scelto dunque uno sceneggiato radiofonico esattamente come uno scrittore avrebbe scelto la medesima materia, come ha fatto Vargas Llosa.

Rosa La China: una protesta ne L'havana degli anni '50

MPB: La storia che lei tratta  è forse la rilettura di uno sceneggiato in particolare?

VS: No si tratta di una storia originale. Ho deciso di affidarmi all’operetta per cercare la mia ispirazione, ma la storia è originale, scritta da Josè Triana, alla quale io ho collaborato solamente in sede di sceneggiatura.

MPB: Ho notato che anche tecnicamente lei ha inserito molto della tradizione popolare delle telenovelas. Mi riferisco in particolare alla luce ovattata che avvolge i due amanti in alcune sequenze; effetto tipicamente soap.

VS: Ho voluto utilizzare una luca molto satura. Abbiamo lavorato molto sulla scenografia. Abbiamo disegnato e dipinto tutte le suppellettili apposta per il film. Abbiamo scelto attentamente tutti i costumi per ogni attore e abbiamo voluto caratterizzare il personaggio anche con colore che lui/lei indossano nelle diverse sequenze. Rosa (Luisa Maria Jimenes), la protagonista, è caratterizzata dal giallo (vedi foto sotto, ndr), mentre il ragazzo, Marco (Abel Rodriguez), dal rosso. Un lavoro molto legato alla tradizione religiosa cubana. Mi sono detta: “Anche se Cuba è uno stato caratterizzato dai colori pastello, è mia intenzione evidenziare la violenza della mia vicenda attraverso i colori”. È questo il motivo per cui i colori sono così forti nel film e non sono necessariamente i veri colori di Cuba.

Il personaggio di Rosa è caratterizzato dal giallo

MPB: Come lavora lei con gli attori? Preferite che seguano diligentemente la sceneggiatura o lasciate loro spazio per improvvisare?

VS: Non c’è improvvisazione nel film che ho girato. A volte gli attori mi suggerivano delle soluzioni diverse da quelle imposte dalla sceneggiatura, ma i dialoghi, affinché potessero essere veramente teatrali, come volevo che fossero, dovevano per forza essere recitati pari pari dalla sceneggiatura. Non volevo che i miei dialoghi si adattassero troppo al nuovo modo di parlare a Cuba, quello dei giovani e delle nuove generazioni, per intenderci. La lingua del film è la lingua degli anni cinquanta. Gli stessi cubani avrebbero difficoltà a riconoscersi oggi nel mio film.

MPB: Ultima domanda, ci parli del suo prossimo progetto.

VS: Vorrei girare un documentario. Ho in mente di realizzare anche un altro film di finzione, l’anno prossimo. Tuttavia, girare un documentario, per me, è molto più semplice e veloce. Non so quanto tempo ci metterò a girare un altro film. Sarebbe mio desiderio girare sempre, senza mai fermarmi, ma come ben sa, questo non è possibile.

MPB: Come vi ha accolto Venezia, e che cosa ne pensa del Festival?

VS: è la prima volta che vengo a Venezia. Ed è anche la prima volta che presento un film in Mostra. Non so veramente quale sarà al reazione del pubblico. Trovo, infatti, che la pellicola sia più adatta ad un pubblico latino americano. Anche in Europa si vedono molte telenovelas latinoamericane. Si conoscono i melodrammi amorosi (i migliori melodrammi mai girati sono quelli di Visconti), ma boh… vedremo la reazione.

Dulzura (Juan Luis Galiardo) e Rosa (Luisa Maria Jimenez)

Tutte le immagini del film sono copyright di Gemini Films