Al di là della legittima curiosità o della segnalazione di opere da parte di riviste specializzate, immagino che affrontare sul piano teorico le problematiche del fumetto on line, che è anche fumetto digitale, che è anche una forma di linguaggio non necessariamente di stampo fumettistico comunemente inteso, e che può sfociare nella videoarte e nella web art, e chi più ne ha più ne metta, possa costituire motivo di imbarazzo per chi, formatosi su una determinata tipologia di testi, tenti al giorno d’oggi un’analisi categorica ed una chiara mappatura d’insieme. Per poi scoprire, invece, che il principio groesnteeniano della solidarité iconique, costitutivo del fumetto cartaceo, spesso viene meno, che il flusso temporale dato dalla compresenza di più immagini sulla tavola viene invece garantito dallo scorrimento della pagina o più genericamente dall’interazione, che la monomedialità del mezzo tradizionale viene rimpiazzata da un coinvolgimento massiccio dei nostri organi di senso, ben oltre la “semplice” compresenza di diversi sistemi di segni.
E che quindi la ricostruzione del senso passa anche per altri canali informativi, di cui abbiamo più o meno coscienza.
Suoni, animazioni, pagine che scorrono o vignette evocate dal clic prima che dallo sguardo: come definire “fumetto” qualcosa cui accettiamo di rivolgerci con tale appellativo poiché vi riconosciamo una parte — significativa, certo, ma non necessariamente costitutiva — di quel figlio bastardo della comunicazione visiva (quando ancora non si chiamava così) e dell’informazione di massa, della carta stampata e della cultura popolare? Dialoghi, riduzionismo iconico, stili e stilemi: questo vi ravvisiamo, ma tanto manca rispetto all’originale e tanto vi è stato aggiunto che la paternità appare sempre più esplicitamente condivisa, senza alcun imbarazzo e senza alcuna responsabilità verso i legami di sangue.
Forse già specificare terminologie come “fumetto on line”, “fumetto digitale”, “clip animata” (in casi più marginali), “net comics”, denota una consapevolezza che va al di là della semplice variazione definitoria, e che porta con sé il valore aggiunto delle nuove modalità espressive del mezzo, senza fermarsi al supporto — che non è comunque un supporto qualsiasi.
Questo Valerio Bindi lo sa: sotto il titolo “Animazione digitale” risiede infatti tanto la categoria dei flash cartoons quanto quella dei net comix, a testimonianza, vista la varietà disomogenea delle singole manifestazioni, di un percorso opaco che si snoda nella condivisione, nella reciprocità, ma anche in individualità specifiche non riconducibili a scuole, a strutture centralizzate, pur nell’ovvia presenza di elementi comuni e di correnti di pensiero/azione. Il problema è definire, soprattutto quando lo si fa per primi, alla luce di testi da cui operare il giusto distacco e, al tempo stesso, di un’arte sin troppo giovane, ma che l’autore fa bene a considerare visto tanto l’insieme comunque non trascurabile di opere (e ci mancherebbe, considerata la vastità della rete), tanto la necessità, per una volta, di fornirsi di strumenti critici con gli autori ancora in vita, se mi perdonate la facezia.
Analizzare, sezionare, catalogare gli elementi riscontrabili/riscontrati in una simile operazione è compito arduo, e gli strumenti teorici utilizzati alla bisogna sono molteplici, difficilmente organizzabili. Ma Bindi lo fa bene, pur con l’impressione, nella mente del lettore, che alcuni spunti avrebbero potuto godere di ulteriore sviluppo senza per questo assumere una valenza propedeutica che il libro indiscutibilmente non possiede, non nei termini di rivolgersi ad interlocutori privi di requisiti e di background. Anche la prosa non è sempre lineare: accattivante, ma un po’ spiazzante per il fruitore tradizionale di saggi in materia. Uno stile voluto, come si capirà addentrandosi nelle pieghe del testo, come se l’autore ci volesse condurre attraverso le tappe del suo stesso percorso, affrontandone insieme le insidie e non vergognandosi a dire che questo è solo l’inizio.
Perché ove non si intravede il completo rilievo cartografico è evidente il primo, fondamentale tentativo di mappatura del territorio; perché se il libro procede per derive (termine evidentemente caro a Valerio) l’approdo è garantito, pur nell’avvertimento che non è ancora tempo di fermarsi ad ammirare il paesaggio; perché Animazione digitale è come il web, flusso continuo e tessuto di connessioni. E, in particolari occasioni, è ancora opportuno navigare a vista.
Le incursioni in domini altri — il videogame in primis — sono motivate e quanto mai consone ad un contesto che unisce la narratività all’esplorazione, l’elemento riflessivo a quello ludico, l’alternanza più o meno celata (che il videogame esprime meglio di qualunque altra forma di comunicazione degli ultimi anni) tra fruizione ed azione, ossia il fondamento del fenomeno interattivo, e che nel web assume più che mai i connotati dell’autoreferenzialità o, in altre circostanze, dello stretto rapporto con l’autore.
Non è un caso che il videogame in rete rappresenti una delle forme più interessanti di comunicazione con il pubblico anche a livello commerciale, e che sul piano artistico venga effettuata una decisa rilettura dei dispositivi dei giochi delle origini, dalla revisione dello schema di gioco alla pixel-art, dalla grafica volutamente spartana al suo opposto, ossia la personalizzazione — non facile — dell’apparente appiattimento vettoriale (un link per motivi piuttosto comprensibili non citato nel libro: www.orisinal.com).
Proprio il vettoriale, nel doppio legame che vincola le attuali pratiche della rete all’affermazione di Flash, è probabilmente il territorio più vasto tra le prerogative di partenza rispetto agli assunti teorici formulabili in materia di comunicazione/arte/narrazione digitale. Fruibilità, accessibilità, immediatezza sono infatti i prerequisiti dell’esplorazione, a meno di una scelta consapevole nella configurazione di un evento sul web. Certo, non cadiamo nel tranello di circoscrivere alla sola rete il fenomeno, ma è altrettanto vero che è sul web che si forma la nuova etica dell’interlocuzione trasversale, della condivisione e dell’open source, di codici come di contenuti, ed è lì che si formeranno i tessuti artistici più significativi e provocatori.
Prima di concludere, ricordiamo che Fucine Mute ha conosciuto Valerio Bindi a Romics, nel novembre 2001, dove tra l’altro si teneva una conferenza sul fumetto in rete, svelando affinità che ci auguriamo portino Valerio, ed altri, a proseguire con noi su una strada che stiamo indagando, e alla quale imprimeremo una svolta con una iniziativa editoriale ad hoc.
Che dici, Valerio, sei della partita?
Fabio Bonetti
Valerio Bindi, Animazione digitale. Flash Cartoons e Net Comix, Roma, Mare Nero, 2002, 10, ISBN: 88-87495-33-5.
Siti da visitare:
www.wildbrain.com
www.locomotion.com
www.hoving.com
www.humano.com
www.abnormalbehaviorchild.com
www.requiemforadream.com
www.i-k-u.com