L’unica cosa che resta alla fine di questo vertice, l’unica cosa di cui tutti si ricorderanno, più potente di tutte le propagande rivoluzionarie, più roboante del frastuono dei caccia e degli elicotteri, è un corpo incappucciato, a terra, in una pozza di sangue o sotto una camionetta, con uno zampillo scuro, caldo, sgorgante.
Un sospiro di sollievo si leva per la fine del g8, ed una giornata di guerriglia e di devastazione sembra essere considerata da tutti positiva rispetto alla precedente. Ieri niente morti in effetti, tutti più sollevati. Berlusconi stesso (guardando le sue reazioni ho meglio compreso le motivazioni del suo successo politico; è l’italiano medio che ha fatto fortuna, le sue debolezze, le sue emozioni) è sembrato di nuovo disteso, padrone del suo vertice, disponibile e propositivo, in particolare sensibile hai temi più caldi del momento. Dei risultati raggiunti, degli accordi sottoscritti, pochi si interessano, pochissimi li valutano con serietà. La riunione dei grandi del mondo (di certo autoconvocatasi a nome di tutti, ma comprendente soltanto leader e capi di stato democraticamente eletti) evento mediatico con intenti apologetici, occasione per dimostrare la capacita di controllo, di potere, da parte delle burocrazie ministeriali, dei servizi, delle forze dell’ordine, concludendosi lascia un senso di sgomento e di paura nel cittadino (meglio nel telespettatore) che assiste in diretta televisiva alla guerriglia scatenata in una città blindata da giorni, studiata da mesi, scelta forse da più di un anno. Non intendo commentare le notizie che danno per documentate (esisterebbero filmati) affermazioni che inchioderebbero a responsabilità organizzative, ispiratrici o suggeritrici del disordine, della sua tempistica e logistica, anche le forze dell’ordine stesso, nella riproposizione di una strategia della tensione di triste memoria. Se fosse vero, sarebbe, questo si, l’inizio di una stagione di violenze terribili e di terrorismo cieco.
Assitiamo ora all’indignazione di un rappresentante politico (Cossiga) per le iniziative di un magistrato, al giusto e condivisibile appoggio del governo alle forze dell’ordine impegnate, ai distinguo della sinistra, che galleggia tra la tristezza di alcuni suoi rappresentanti, e la voglia di utilizzare gli eventi per la lotta politica. Bertinotti ancora una volta riesce a vestire in extremis i panni dell’uomo responsabile e forse da lui un domani potremo aspettarci una capacità di controllo e direzione di queste formazioni maggiore di quella puramente di facciata esercitata oggi da leader fantoccio in grado di rappresentare ed a fatica, solo se stessi. Dopo tanti danni arrecati al nostro paese a fronte di nessun beneficio (neppure per la sua classe gardée) il bel parlatore riuscirà forse in questo senso a portare un servizio alla collettività; la storia insegna però la estrema difficoltà di istituzionalizzazione delle forze anti sistema, il loro insopprimibile anelito alla sovversione dell’ordine costituito, ed alla sua sostituzione con uno nuovo, più “uguale degli altri”.
Tutto ciò è accaduto sicuramente per una serie di concause, considerando le uniche non ammissibili quelle derivanti dai vertici delle organizzazioni politiche; intendo dire che il morto in situazioni di guerriglia urbana, ci scappa (anzi è andata bene), ma che non è possibile essere tanto folli da mandare le pattuglie in giro per le strade a tamponare azioni di gruppi che colpiscono e svaniscono, lasciando sul campo i provocatori, che isolano ed aggrediscono, come un vero branco di lupi, il più giovane, il più indifeso. Ecco perché e meglio vedere le vetrine infrante e gli incendi dei bottini; 150 miliardi non valgono una vita, la terribile pubblicità delle sequenze di terrore entrate nelle case di tutti noi venerdì sera. Se io lo capisco non vedo come sia possibile non l’avessero capito coloro che hanno organizzato l’accoglienza e la repressione di questi facinorosi.
Tutte le parole alla fine passano. Persino le condanne o le assoluzioni; resta invece il patrimonio di immagini e l’orrendo uso che se ne può fare. Me li immagino già i discorsi, le foto nelle feste dei centri sociali, gli slogan.