S’era lamentato d’esser diventato un’icona, un santino, una stazione della processione di fronte alla quale tutti si tolgono il cappello, fanno il segno della croce, e pregano ossequiosi. Un intoccabile. Lamentava la fine delle battaglie, dei nemici, che lui avrebbe voluto sino all’ultimo. Nemici intellettuali e politici, giornalisti.
Gli hanno anche sparato alle gambe.
Odiava, comunque, quest’ultima stagione che avvertiva lontana dalla sua mentalità e formazione intellettuale, dal suo senso civico, della politica, del pensiero.
Dopo tanto clamore, il prezzoliniano de “la Voce”, l’odiato direttore de “Il Giornale”, l’uomo che conobbe tutti i grandi protagonisti del ‘900, esclusi Mao e Stalin, saluta e s’accomiata, senza troppi riguardi. Ci rimane il suo sguardo intransigente, quello del comunista, quello del fascista, del berlusconiano e dell’antiberlusconiano, dell’uomo di destra che votava a sinistra e del “votate turandovi il naso”; quello, insomma, che fu tutto e il contrario di tutto, oppure solo uomo libero.
L’intelligenza è come il vento.
Un saluto, Indro!