È uno dei — pochi, aggiungiamo noi — protagonisti della musica contemporanea. Meglio. Della musica creativa. Allievo di Gyorgy Ligeti, pluripremiato a livello mondiale, Uros Rojko, nato a Lubiana e oggi residente a Friburgo, per il suo lavoro rappresenta uno dei compositori più interessanti — e più richiesti — del panorama internazionale. A Trieste per ritirare un premio dell’associazione Centro Promozione, in occasione del decennale della manifestazione “Biennale della musica e dell’arte” per la sua attività artistica, lo abbiamo intervistato a margine del concerto “Suoni e ispirazioni” svoltosi all’Antico Caffè San Marco.
Gianfranco Terzoli (GT): Qual è la relazione fra il compositore e il motivo ispiratore?
Uros Rojko (UR): L’ispirazione è sempre presente, l’ispirazione è parte del lavoro, parte della consolazione prima del lavoro.
GT: Vedo.
UR: L’opera non è e non rappresenta l’ispirazione, ma è il lavoro stesso che può far nascere nuova ispirazione attraverso questo processo. Diciamo che l’ispirazione è qualcosa che proviene da qualche parte e si può sviluppare attraverso esperienza e concentrazione. Ma l’ispirazione rappresenta soprattutto il motivo, la ragione o il poter esprimere l’energia all’inizio; poi bisogna elaborarla dal punto di vista intellettuale. È l’essere sempre se stessa, è solo una parte del lavoro.
GT: Che ne pensa delle opere odierne e della musica attuale?
UR: Intende dire di oggi?
GT: Sì.
UR: Be’, ci sono differenti situazioni, per esempio la situazione in Europa, quella in Europa orientale e in Europa occidentale, la situazione in Slovenia la situazione in Italia, ma in genere possiamo dire che probabilmente viviamo in una era postmodernistica. Significa che in certi momenti non era necessario, obbligatorio o desiderato produrre musica con processi intellettuali. Così si è vissuto il periodo che diede ai compositori una vera libertà: si poteva produrre liberamente e questo ebbe effetti positivi e negativi. Dipendeva tutto dal compositore. Principalmente, la corrente del postmodernismo andò nella direzione di un acritico modo di produrre, senza schemi o probabilmente al di fuori di essi. Credo che in questi ultimi anni, la situazione stia cambiando progressivamente. Diciamo che il postmoderno ha avuto così tanti problemi a imporsi che l’interesse per la sperimentazione e il modo di pensare intellettuale stanno di nuovo tornando in evidenza. È un ciclo, perché ora non è più interessante e si ritorna all’intellettualismo nella musica, (il post-modernismo era contro l’intellettualismo). Ma ora è l’intellettualismo a essere contro il post-moderno, e naturalmente non è più allo stesso livello di prima. Penso che questo sia un buon segno, perché porta con sé anche la necessità di interessarsi a certe cose speciali, a cose più sofisticate che non siano necessariamente populiste, popolari o comprensibili nei loro sviluppi. C’è di nuovo la possibilità per l’arte di potersi sviluppare ancora nella maniera del principio, quello che si dice “basso principio artistico”.
GT: Parlando dei tempi moderni, che ne pensa delle nuove tecnologie come il computer, la musica fatta col computer, Internet. Cosa possono offrire questi mezzi a un compositore?
UR: I compositori su computer e la tecnologia su filo sono realmente nuovi mezzi, presenti in tutti i segmenti della società: non puoi ignorarli, non è possibile. Tutti gli studenti vogliono scrivere col computer perché è più facile. Il computer è una macchina che oggigiorno è già molto sviluppata ed è possibile creare processi da usare se si sa gestire questo mezzo, se si ha il tempo, e il potere, di farlo. Se si pensa che sia la strada giusta, è possibile seguirla. Con il computer si possono realizzare processi che verrebbero fatti comunque senza la macchina, ma molto più velocemente grazie alla tecnologia. Oppure la si può anche usare per andare in mondi che una volta non erano possibili. I compositori spesso usano computer solo per scrivere nomi o per rendere le cose più semplici e naturalmente, grazie alla diffusione del mezzo e alla facilità di fare musica col computer, ci sono così tanti compositori, così tanta musica che però è produzione istantanea che non significa niente. E questo è normale, perché i nuovi media portano nuove possibilità: è la stessa situazione che c’era sempre, solo poche persone e pochi compositori sanno a che cosa questa situazione può portare e molti perdono se stessi. Ma penso che il computer sia solo una cosa nuova, ed è innovativo come innovativo è qualsiasi nuovo strumento.
GT: Crede che ci siano possibilità future per questo mezzo di composizione?
UR: È impossibile dirlo. Possibilità future ci saranno perché il futuro sta arrivando. E senza computer, il futuro non è possibile. Questo è il discorso. Così, di sicuro, ci sono possibilità nella musica fatta col computer perché non è possibile farne senza. Ma come la musica acustica che sta andando avanti con o senza il computer, usando il computer o no — perché la musica acustica non è ovviamente fatta col computer — così si potrà continuare a produrre musica anche senza il computer. Oppure decidere di adoperarlo. Tutto questo fa parte della vita, con tutte le conseguenze positive e negative che comporta.
GT: Quali sono i suoi prossimi progetti?
UR: Io non pianifico, non posso pianificare perché sono i piani che vengono a me. Così sto lavorando su un concerto per “accordion”, questo ensemble di armonica con 15 suonatori. Il primo movimento è già finito e probabilmente ci saranno 3 o 4 movimenti. E poi ci sono ancora molte altre idee e piani su ciò che dovrei fare e lavori su commissione e così via. C’è molto da fare.
GT: Ci sono modelli validi per giovani studenti di composizione?
UR: Questo è molto, molto differente a seconda dei vari luoghi. Io insegno in Slovenia composizione al liceo e lì la situazione è veramente differente, in ritardo rispetto a quella in Europa e io cerco di cambiarla. Il mio modo di farlo, la mia funzione è motivare i giovani, mostrare loro le cose avvenute nel frattempo nel mondo perché non le conoscono, pensano di scoprire qualcosa di nuovo e non sanno che è già stato fatto 50 anni prima. E inoltre c’è un’altra parte di compositori, diciamo esteti, che sono realmente conservatori, e basandosi su un’estetica stile Prokofiev o Bartok e persino Stravinsky, si sentono romantici e cercano di mettere quella base romantica nelle idee moderniste. Però non possono cambiare la loro base. Io cerco con i miei studenti di far sapere loro quale sia la realtà, di farli pensare a quello che è il nostro tempo, qual è la loro realtà, la loro verità.
GT: Capisco.
UR: Ho alcuni studenti che sono molto talentuosi e spero che quando finiranno gli studi o persino prima, andranno in Germania a studiare e a sperimentare ciò di cui parlo. Perché devono sperimentare, sentire da soli, osservare le cose da un altro lato: solo così possono cambiare punto di vista.
GT: Il pubblico non capisce la musica contemporanea, alcuni pensano che sia qualcosa per specialisti per una selezionata élite. Qual è la sua opinione?
UR: Può essere così, anche se non dovrebbe. Però generalmente accade qualcosa del genere.
L’arte è un’attività che ha la sua logica, i suoi processi. Naturalmente la società e il pubblico hanno una certa influenza ma non quella determinante, non la più importante, e probabilmente l’arte è l’ultima attività dove cerchi la verità. La religione fornisce un certo tipo di verità. Intendo, non l’istituzione religiosa ma la religione in quanto religione, il credere in Dio. Anche a causa dei computer, del consumismo e così via, a causa dei ritmi di vita sempre più veloci, sempre meno persone hanno il tempo, le idee e l’energia di occuparsi di fare qualcosa nel campo artistico, in qualsiasi settore artistico. Le generazioni più anziane vanno all’opera, ma nel secolo prossimo o nelle prossime generazioni non so quanti vorranno ascoltare l’opera. Guarda la musica classica: anche i nostri genitori e la nostra generazione di solito ascoltava molto la musica classica, ma con la prossima generazione mi chiedo che cosa succederà, perché i ragazzi conoscono solo i videogames e la musica consumistica. Non critico il rock, che è uno sviluppo come la tonalità nel classicismo e romanticismo che era più luminosa e sempre più grande e più luminosa e sempre differente.
E dopo questa è venuta la nostra tonalità… Bene, il senso della tonalità esiste ancora, il rock, il pop sono tonalità, una musica emotiva, una tonalità emotiva. Il computer e la realtà virtuale è in qualche modo realtà ma è al tempo stesso una menzogna, non è vera e i principi delle nostre vite sono sempre più influenzate da quella bugia, non dalla realtà.
Questo è molto interessante per noi. Invece l’arte è sempre meno interessante, perché la verità dell’arte non risulta così interessante, specialmente per i giovani. Spero che questo si dimostri in qualche modo una mia opinione sbagliata, e credo che le conseguenze siano che il progresso è una mancanza del senso verticale di profondità, di pensare in modo non superficiale. Il nostro studio è sempre più superficiale. Così per andare nel profondo probabilmente ritorna la necessità, troviamo il bisogno di andare all’interno. Questo se si vuole è un contatto con Dio, col nulla o con l’assoluto, con tutto, nel profondo. Se questo potesse o dovesse essere più importante dell’arte materiale, e superficiale possiamo tenere il nostro mondo in equilibrio.
GT: Collegata a questa idea della gente che reputa la musica contemporanea elitaria, molti pensano anche che tutto ciò che viene scritto oggi sia già stato scritto nel passato. Il passato ha detto tutto ciò che c’era da dire. È d’accordo?
UR: Diciamo che per quanto riguarda i materiali e come usare gli strumenti per produrre suoni tutto è già stato detto, ma questo è molto limitante e solo riguardo i materiali, perché l’arte dipende sempre dal contesto: un contesto è la cosa più importante nell’arte: si può dire la stessa cosa, ma in un altro contesto e quindi è qualcosa altro, qualcosa di nuovo. Non si può dire che è stato scritto perché il contesto è sempre differente, come le vite. Nasciamo, viviamo amiamo, abbiamo figli, moriamo. Ogni volta è la stessa cosa ma non possiamo dire che facciamo la stessa vita di 2000 anni fa. Perché è cambiato il contesto.
GT: Un’ultima domanda. Il semiologo italiano Umberto Eco ha definito Kurt Weil il musicista del secolo. Qual è la sua opinione?
UR: È difficile rispondere, perché Kurt Weil naturalmente era un genio, ma si può dire con la stessa logica che i Beatles sono i musicisti del secolo o Madonna o Stockhausen. Strawinsky. È anche lui del XX secolo. Dipende da quale criterio viene usato: è molto difficile dire “questo è il più importante”. L’arte non esiste in una sola persona. Dipende che cosa è importante valutare e qual è il criterio — se il criterio si basa su quante performance, su quante opere…
GT: Molte grazie.
UR: Di nulla.
-grandi stelle della psichedelia dal 70 ad oggi hanno adombrato tutti i cantanti con the dark side of the moon opera difficile che suono benissimo tranne la canzone finale del libro più cd 50.euro di roger waters risulta difficile per le mie mani sono una ragazza la dimensione delle mie mani sono-più piccole rispetto alle sue un estensione di 1-16 supera i vip sorella intima dei pink floyd sino al girono del bombardamento di boston in usa che ho visto tremare parliamoci chiaro sia roger wates e alan abitano in usa aboston hanno subito sempre-il tuo sguardo contro il mio il tuo cuore contro di me tutto il dolore vissuto insieme la vita che mi porto dentro.i pink indimenticabili… -/
dall’italia,che loro coroneranno con un concerto storico di roger watrs the wall il 26 padova e roma 28 a luglio vi invito pubblicamente all ‘ultimo performer della storia una dedica:alphavillle forewe yang nightmare duran duran.voglia di morire panda- charles aznavour la boehem sono musicista seria oggi mi occupo di danza la pizzica più etnica la mia musica più solare grandi big invecchiaia.-love.