FUCINE (F): Nel 1999 abbiamo assistito alle ricostituzioni di band storiche degli anni Ottanta, come gli Eurythmics o i Bauhaus. Voi costituivate una parte molto importante della scena musicale di quegli anni. Che cosa ne pensate di queste “reunion”?
Richard Barbieri (RB): Non ho mai pensato che queste riunioni abbiano tanto successo quanto i gruppi che se ne sono resi protagonisti ne avessero avuto in passato. Se qualcosa viene affrontata in un modo cinico, credo che alla fine si veda.
F: Parlando ancora degli anni ‘80, adesso sembra esserci un ritorno alla musica di quegli anni, quantomeno come stile. Che cosa ne pensate?
RB: Non ho notato un particolare revival della musica degli anni ‘80. La maggior parte delle cose, al momento, sembrano trarre piuttosto influenze dalla musica degli anni ‘60 e ‘70 (Oasis, Supergrass, Travis, Gomez etc.).
F: Steve, tu sei un apprezzato fotografo, e la fotografia è un’altra forma d’arte. C’è qualche connessione tra la tua musica e il fatto che tu scatti fotografie?
Steve Jansen (SJ): Non credo che ci sia una qualsiasi connessione tra la fotografia e la musica. Per me la fotografia rappresenta un distacco assolutamente deciso da qualsiasi cosa sia “audio”. Trovo una sorta di serenità in immagini immobili che è così diversa dal lavorare con la musica. Mi spiego: anche le strutture musicali più minimali saranno sempre un’invasione di un qualsiasi altro momento immobile.
F: Avete cominciato a lavorare con Masami Tsuchiya nel 1983 e da allora lui ha preso parte a molti vostri lavori. Qual è il tipo di rapporto che avete con lui e com’è cambiato dai tempi dei Japan fino a oggi?
RB: A dire il vero, è l’opposto: noi abbiamo lavorato in alcuni album di Masami e Steve e io siamo andati in tour con lui. Masami suona una piccola partitura su “_ism “. Abbiamo un buon rapporto con lui, è una persona adorabile ed è entusiasta riguardo alla nostra musica, com’è sempre stato.
F: Computer, campionatori, sintetizzatori… La tecnologia aiuta la musica e la creatività o è un limite?
SJ: è un aiuto in quanto la tecnologia ci fornisce ulteriori strumenti. Finchè avremo ancora l’opzione di usare metodi più vecchi, credo che la tecnologia possa avere un posto molto importante nel nostro lavoro. E, cosa più importante, sta cambiando il modo in cui il business della musica sia monopolizzato dalle compagnie più grandi. Con degli equipaggiamenti più convenienti eppure migliori, gli artisti che registrano possono lavorare anche senza i fondi delle etichette maggiori.
F: Voi e Mick Karn lavorate assieme da molto tempo, in vari progetti. “_ism ” è in qualche modo diverso dai lavori precedenti?
RB: Credo che “_ism ” sia un po’ diverso dal resto delle nostre produzioni perché là eravamo tutti assieme a lavorare sullo stesso progetto, invece di lavorare l’uno sui progetti degli altri.
F: Come avete creato “_ism “? Avete lavorato insieme tutto il tempo o avete composto le singole parti per conto vostro e poi le avete assemblate?
RB: Abbiamo lavorato in entrambi i modi, sia singolarmente che congiuntamente, ma eravamo sempre assieme quando una qualche decisione musicale o sulla produzione doveva essere presa.
F: Qual è la vostra relazione con Internet e qual è la tua opinione della musica sulla rete, inclusi i problemi del copyright e dei diritti d’autore?
SJ: Noi siamo presenti sulla rete (al sito www.mediumproductions.co.uk, ndr.), il che, per noi, come piccola etichetta indipendente, è essenziale poiché è il solo mezzo diretto per raggiungere un sacco di persone. Non c’era alcun equivalente fino a pochi anni fa, eppure sta diventando un mezzo competitivo in modo sempre crescente e le corporation hanno il pericolo di affondare le compagnie più piccole. C’è del bene e del male su Internet, e pertanto c’è un reale riflesso della nostra società. Sta all’individuo imparare a evitare la spazzatura (o meno). Il fatto che così tanto materiale sia disponibile via Internet può rendere però le cose un po’ scoraggianti. Riguardo al copyright, è un qualcosa che dobbiamo considerare, perché lo scaricare musica direttamente dalla rete costituirà la via del futuro.
F: Qual è la canzone che ami di più tra quelle che avete scritto in tutta la vostra carriera e perché?
RB: Io non scrivo canzoni, ne’ sono un cantante. Qualsiasi “credit” sui brani si deve al fatto che abbia composto la musica e un cantante ha tentato di darci un senso. Le mie canzoni preferite, nelle quali abbia cioè apportato un qualcosa, sono “Pocket Full of Change” (dei Rain Tree Crow) e “My Winter” (dei Dolphin Brothers).
F: Il titolo che avete dato al vostro ultimo album, “_ism” , potrebbe essere un po’ difficile da comprendere per i vostri fans non di lingua inglese. Potresti spiegarlo con le tue parole?
SJ: Abbiamo usato il titolo “_ism” come una specie di codice o una convinzione di una qualche tipo. Poiché del suonare musica insieme ne abbiamo fatto una vocazione, sentiamo in qualche modo che la nostra collaborazione sia una sorta di dogma… e pertanto JBKism funge da principio… Ma non è stato fatto per essere percepito così seriamente.
F: State pianificando un tour per promuovere “_ism” ?
SJ: Vorremmo tantissimo andare in tour, ma sfortunatamente il costo di una tournèe richiede un sacco di fondi, e, sebbene la tecnologia abbia contribuito a sollevare la pressione dei costi di registrazione per le piccole etichette come la nostra, ha fatto molto poco per aiutare la situazione delle performance live.
F: Come vedete la scena musicale di questi anni?
RB: Ho pensato che gli anni ‘90 fossero stati alquanto interessanti musicalmente, ma trovoche ci sia una specie di vuoto senza direzione in questo momento.
F: Il numero di fan italiani che avete è molto alto, ma sfortunatamente è impossibile per loro vedervi suonare dal vivo, o in video. Vi piacerebbe dire loro qualcosa in particolare — indipendentemente se verrete a suonare in Italia o meno?
SJ: Sono stato abbastanza fortunato perché ho potuto venire in tour in Italia parecchie volte nel corso degli anni e posso sinceramente dire che per me è uno dei posti più gratificanti dove suonare e da visitare. Il vostro pubblico è molto speciale, e ci sono così tante cose a cui “abbandonarsi”!.
F: Richard, le tue origini sono italiane. Conosci la lingua, passi un po’ del tuo tempo in Italia… Che tipo di rapporto hai con il nostro paese?
RB: Mio padre proviene originariamente da Milano e così, fin da bambino, la mia famiglia passava le vacanze in Italia, dove venivamo a trovare i parenti. Sfortunatamente, non ho potuto lavorare abbastanza in Italia, e la cosa mi dispiace perché la nostra musica è sempre stata molto apprezzata qui da voi. Capisco più italiano di quanto ne sappia parlare, che, in verità, non è molto. Mia sorella vive in Italia e ho alcuni amici lì, così vengo a trovarli quando posso. L’amo, ma troverei difficile viverci.