Fucine Mute (FM): Uno dei problemi di cui hai parlato più spesso nei tuoi scritti e nei tuoi interventi è il rapporto tra la tradizione, la tua di indigena, e la tecnologia e soprattutto dell’uso violento e repressivo o di controllo che di questa si fa, anche attraverso i mezzi di comunicazione. Che cos’è per te la tecnica? Può essere uno strumento di conoscenza e non di azzeramento e di assimilazione…
Rigoberta Menchu (RM): Possiamo appropriarci della tecnica, possiamo utilizzarla in favore dello sviluppo comune e in favore dei diritti umani: ad esempio, in Guatemala non abbiamo mai pensato che si poteva utilizzare il DNA per dimostrare con quali brutalità sono stati uccisi i popoli indigeni o che tecniche di tortura, che tecniche di repressione si utilizzarono contro i popoli indigeni. Oggi possiamo dimostrarlo grazie al lavoro degli antropologi forensi e al lavoro della ricerca scientifica. In qualche modo ci dobbiamo appropriare della tecnologia, però, come ho detto, mentre da una parte la vendita di caffè o la vendita delle banane o la vendita di grandi prodotti agricoli al di fuori dei nostri paesi sta effettivamente accadendo, dall’altra parte ci sono più immigrati, c’è più disoccupazione, ci sono più persone che vogliono attraversare le frontiere e per loro non esiste un mondo globale, ma esiste semplicemente una globalità della miseria e della povertà, e per questo credo che i popoli indigeni considerino quest’epoca come la più importante della loro storia, perché non siamo gli unici emarginati, ma ci sono molti settori emarginati.
FM: Tu sei cristiana?
RM: Sì
FM: Volevo sapere che rapporti hai avuto con due chiese così diverse com’è stata la chiesa cattolica nell’America Latina: c’è stata una chiesa riformista, forte, progressista che ha appoggiato le riforme come Balducci, come Romero, che è stata molto dalla parte dei perseguitati politici e degli indios, ma c’è però stata anche un’altra chiesa, ad esempio in Brasile, che ha appoggiato i proprietari terrieri, i latifondisti, che è stata contro la riforma agraria e non ha appoggiato le lotte per i diritti civili.
RM: Sì … Penso che in effetti non ci siano state due chiese per la schiacciante maggioranza della popolazione cristiana… le gerarchie cattoliche affrontano molte problematiche su come vedere la situazione, come diffondere la religione cattolica in molti luoghi, però per le comunità indigene non esistono due chiese, non esistono contraddizioni tra ciò che fanno la chiesa cattolica o le chiese evangeliste e ciò che dica la loro fede religiosa e credo che il caso Guatemala sia un esempio molto chiaro: posso essere cattolico perché desidero esserlo, ma posso anche proclamare le mie credenze maya, la mia religione maya, i simboli della fede maya in cui io credo. Sono due cose parallele e non si può pensare di cancellarne una o l’altra. L’unica cosa è che in molti anni, la politica di catechesi, la politica pastorale, la politica della chiesa cattolica hanno commesso molti errori. E credo che uno degli errori sia stato quello di non aver rivendicato la difesa dei catechisti durante il periodo di repressione delle dittature. Le dittature hanno annichilito i popoli e la chiesa non parla, resta in silenzio. Questo è stato un errore molto grave perché i popoli indigeni sono alleati della chiesa cattolica, lo sono sempre stati… ma il modello religioso indigeno è stato sempre un modello di equilibrio, di rispetto ed è per questo che esiste una religione indigena dopo moltissimi anni di emarginazione, di distruzione, di pregiudizi, di razzismo, di superiorità, non solo di chi fa parte della chiesa, ma anche dei sociologi, di molti antropologi di estrema destra, che sono profondamente razzisti e sottostimano la religione e la cultura dei popoli indigeni.
FM: … se in America Latina c’è stato uno sterminio di massa dei popoli, qui in Europa c’è un azzeramento delle coscienze e le due cose vanno assieme, no? Qui c’è un azzeramento della memoria del nostro rapporto autentico con la terra, con la natura, da molto tempo in occidente. Allora, quali sono gli alleati oggi per portare avanti una lotta per uscire da questo sterminio?
RM: Io credo che più che chiedere cosa potete fare voi per gli indigeni, bisogna chiedersi cosa possiamo fare noi indigeni per voi, cosa possiamo fare per l’umanità, cosa possiamo dare all’umanità, e credo che possiamo darle molto. Per prima cosa, noi indigeni abbiamo sviluppato una cultura multiculturale, multietnica e multilingue, siamo rispettosi delle differenze. I popoli indigeni sono rispettosi delle diversità umane, ma anche delle diversità delle vite, delle molte vite che esistono sul pianeta e credo che diamo un contributo all’istruzione, alla visione del mondo e anche alla coscienza e al compromesso sociale di tutti i cittadini, indipendentemente dalle loro radici culturali e dalla loro religione. Di modo che possiamo aiutare con immenso piacere chiunque voglia salvare questo pianeta.