Gianfranco Terzoli (GT): Asia, volevo iniziare affrontando il discorso Internet: ho visto il tuo sito, ho letto delle interviste in cui dicevi di essere un’assidua navigatrice e quindi volevo chiederti qualcosa proprio a riguardo del mezzo Internet. Volevo sapere cosa ne pensi e qualcosa sul tuo sito.

Asia Argento (AA): Be’, io sono — quanti anni è? — sono tre anni che navigo… no, mi fa ridere che… , all’inizio, non lo so, l’abbia usato come una specie di surrogato di vita perché da là hai proprio l’impressione di poter stare in un posto e vedere tutto il mondo, una specie di Ade: stai là dentro, non hai bisogno di uscire, puoi stare in mezzo alla gente e hai l’impressione di vivere ma in realtà poi sei sempre dentro casa. Io andavo a dormire alle dieci del mattino, mi svegliavo alla sei del pomeriggio… sono stata proprio drogata di questa cosa, fortuna… E poi, tra l’altro, mi ha aiutato tantissimo per il mio film, per trovare gli attori, i tecnici. In realtà, moltissimi li ho trovati su Internet, in rete ho conosciuto un sacco di gente anche che stimavo. Puoi riuscire a contattare, ad arrivare a delle persone incredibili, alle quali in passato non saresti mai arrivato. E poi, allo stesso tempo, ora cerco di stare più lontana possibile dal computer, anche se ogni giorno poi scarico le e-mail, eccetera. Però non navigo più così tanto.

Immagine articolo Fucine MuteGT: Hai un buonissimo rapporto coi tuoi fan: leggevo nel tuo sito che oltre ad avere questo scambio di e-mail hai fatto partecipare al tuo film i ragazzi del fan club.

AA: Sì, al film: hanno fatto due scene nel film. In realtà, mi hanno dato una mano perché avevo bisogno di un sacco di gente — ride — e non sapevo proprio come fare, non è che avevamo tanti soldi, e allora li ho chiesto se li andava magari di fare questa cosa e sono venute un sacco di persone. Il sito lo hanno fatto proprio loro, io non è che ci metto bocca più di tanto. Però è il mezzo, il modo migliore per riuscire a stare tra loro e però stare sempre per i cavoli miei.

GT: Una giusta privacy…

AA: Non so privacy, è proprio l’aver… io sono fatta così, non è che abbia centinaia di amici, però la gente che ho conosciuto tramite Internet, attraverso questo sito, alcuni di loro sono diventati tra i miei migliori amici.

GT: E il video clip di “La tua lingua sul mio cuore”?

AA: L’idea mi sa che ci sia venuta assieme, perché io gli ho chiesto di fare il pezzo e loro (i Royalize ndr.) mi hanno chiesto di fare il video”. Accende una sigaretta. “Abbiamo deciso di farlo abbastanza casalingo, perché in giro ci sono solamente dei clip per i quali sono stato spesi un sacco di soldi, ma effettivamente non raccontano niente. Anche se non è così evidente a una prima visione, volevo di fatto raccontare una storia. Il clip è stato girato in Super 8 a casa mia. Sono molto soddisfatta di quello che è venuto fuori.

GT: E quest’esperienza, di fatto ti è servita per il tuo film?

AA: La collaborazione con loro è arrivata nel momento in cui dovevo preparare il film, per cui, sì, mi è servita tantissimo.

GT: Che rapporto hai con la musica?

AA: La ascolto ed è là… boh… penso che sia la cosa più importante. Io ascolto molta più musica di quanto veda film, quindi per me è molto più importante la musica dei film. Per me poi la musica è molto più film dei film: mi rappresenta molte più storie della maggior parte dei film che vedo. è importantissima.

GT: E per i film, a cosa ti ispiri? Adesso che sei passata dall’altra parte della cinepresa, da cosa trai ispirazione? Da altri film o da altri ambiti?

AA: Non ci si può ispirare ad altri film, infatti nella preparazione, nella scrittura di questo film — che è durata anche parecchio tempo, l’ho scritto da sola — non ho visto praticamente nessun film, solo film muti perché non volevo essere contaminata da altri modi di raccontare storie. Quindi, ho fatto proprio un esercizio di purificazione. Però, non lo so, penso che oggi al cinema la gente sia interessata soprattutto o alle menzogne vere — però ci vogliono miliardi per raccontare queste menzogne vere, quelle americane, queste storie così — oppure le storie vere, realmente vere, la verità. Questo alla gente piace, insomma interessa molto, e io come autrice tra virgolette ho voluto avvicinarmi il più possibile alla verità sia nella storia che racconto che nel come la racconto. Con grande libertà.

GT: Il fatto di essere adesso anche tu regista, ti pone in qualche maniera in confronto con tuo padre? Hai vissuto in qualche maniera questo ipotetico confronto a distanza?

AA: Mah, mio padre è un regista di genere e io non racconto una storia di genere. Nelle storie di genere — la paura, per esempio, che è un sentimento quasi aritmetico — tu non hai praticamente libertà come regista e invece nel mio film… Insomma, è un film diverso. No, non c’entra niente mio padre.

GT: Il tuo libro. Il titolo intanto..

AA:  Si chiama “I love you Kirk…

GT: …appunto: non c’è nessun riferimento all’Enterprise?

AA: (sorride) No, no…

GT: magari non lo conoscevi neanche…

AA: ..no, sì che lo conosco, però no, no. Assolutamente: Kirk è un nome che ho scelto per dei motivi miei che non vado a dire, ma non è il nome della persona a cui è dedicato, che è una persona vera. Nasce insieme al film perché rappresenta un momento della mia vita. In realtà, questo libro e questo film sono stati un modo per rimanere viva, perché forse sarei morta in qualche modo se non avessi raccontato queste storie — per me morte vuol dire cambiamento — o comunque sarei sparita, sarei… non lo so. è stato proprio un modo per rimanere attaccata alla vita, ho avvertito il bisogno di raccontare queste storie; per me è stata un’autoterapia. Tanta gente che l’ha letto ha detto di riconoscersi. Penso non in questo mio desiderio di vita, ma in alcune storie che racconto. Ma forse si sono rispecchiati un po’ anche in questo desiderio di vivere, non lo so. Penso che la cosa importante sia che l’ho fatto in maniera molto egoista, cioè io volevo liberarmi da un sacco di cose che mi opprimevano E quindi è nata questa specie, quasi una sorta di diario, anche se io non ho mai avuto un diario in vita mia. Un diario ideale.

GT: Fai ancora la boxe?

AA: No.

GT: Meno male.