Poker
Eravamo in cinque a giocare quella notte,
Padge, Kieran, Neal ed io –
E, disteso nella sua bara, Zio Charlie.
Abbiamo giocato una mano per lui ogni volta
ed abbiamo puntato a turno per lui,
rinunciando alle sue perdite, dividendo le sue vincite,
tanto a che gli sarebbero serviti i soldi?
Cosa poteva vincere se non la vita?
Eppure, eravamo in cinque a giocare quella notte
e quando ci fermammo era l’alba.
Gli lasciammo le carte per ricordargli quel gioco, per sempre
e Padge, Kieran, Neal ed io ritornammo ai nostri letti
e dormimmo finché non lo seppellimmo,
poi continuammo a giocare finché dovemmo convenire
che le buone partite erano andate con lo Zio Charlie.
La danza del mare
Il mare è furioso stanotte,
ed il buio seduto su di esso
non lo calma. Le navi
sono rintanate nel porto.
Solo le ossa degli annegati, incrostate di conchiglie,
si agitano tra le onde,
in quella danza che nessuno vede,
quel rotolare e contorcersi sott’acqua,
e stanotte il posto d’onore
va all’ultimo annegato –
buttatosi dalla scogliera di Dunwich
in una notte più mite di questa,
la sua torcia lasciata accesa su in cima,
il suo cane che ululava.
E le anguille gli hanno mangiato gli occhi, con gusto,
i merluzzi gli hanno rosicchiato la carne dura,
le spigole gli hanno messo a nudo le ossa dei piedi
ma tutto ciò non fa che aiutarlo –
non si è mai mosso così liberamente
o ascoltato una musica così fiera,
o coperto tante miglia
in così poche ore, e chissà
dove lo porterà questo mare,
su quale costa lo getterà,
o forse una rete lo prenderà
Ma il mare deve prima finire le sua guerra,
lasciare che il sole dell’alba rifletta i suoi raggi sulla superficie di vetro,
che le ossa si posino sul fondo
fino alla prossima tempesta
quando la danza comincerà.
Tempesta
O la poesia che inizia con un verso di Shelley.
Un uomo che stava per impiccarsi
vide delle strane luci nel cielo.
Continuò a preparare il cappio perfetto
ma le luci continuarono a danzare, come scintille.
Perché non andavano da qualche altra parte, pensò.
Sfrecciavano così velocemente qui e là
In movimenti triangolari,
e cambiavano anche di colore –
prima bianche, poi blu, quindi rosse.
L’uomo gettò la corda per terra
mentre le luci gli si avvicinavano, poi via di nuovo
per poi fermarsi e formare un triangolo
appeso lì sulla sua testa,
scendendo lentamente, finché riuscì a vedere
la forma nera da cui le luci pendevano –
di sicuro qualche meraviglioso velivolo celeste
mandato qui perché lui potesse esserne testimone,
e si fece il segno della croce, immobile
mentre le luci decollarono di nuovo, più veloci di un grido, e presto sparirono
oltre il confine del firmamento,
lasciando le stelle fisse
e le nuvole spinte dal vento davanti alla lune,
niente provava quello che aveva visto
ma l’aveva visto, e fischiò al cavallo
di riportarlo per la strada buia, a casa.
La chiesa buia
O la poesia che inizia con un verso di Blok
Entro lentamente nella chiesa buia
attraverso la porta della sacrestia.
Faceva freddo lì fuori nel cimitero
dove ho passato un’ora,
e quel cane non la smetteva di ululare
alle porte della città
perciò ho deciso di sgattaiolare qui dentro,
e trovare un posto per sedermi.
Oltrepasso l’altare,
cercando la luce
ma non vorrei essere sorpreso
in chiesa di notte,
eppure, forse una sola candela
non verrebbe notata all’esterno –
potrebbe sempre essere stata lasciata accesa
per qualcuno che è morto.
Porto la candela con me
al confessionale,
poi spengo la minuscola fiamma
e penso al sesso di cui il prete sente parlare lì dentro.
Mi siedo dentro
Ed apro la grata
Per ascoltare.
Li perdono tutti,
ed invito le donne a casa,
poi sento l’organo suonare
il mio inno preferito –
“In the Bleak Midwinter” –
mi si avvicina piano
ed al suono dell’ultima nota
mi alzo e vado.