So dove gli arcobaleni
vanno a morire
(sulla morte di Bob Kaufman)
So dove gli arcobaleni vanno a morire
ho seguito le tue orme
attraverso una strana terra inesplorata
dove i sospiri d’argento cercavano di nascondersi
sotto ombre dementi
e cieli di oboe
insieme camminammo attraverso una città di fiaba
di verde allucinante
e sfinimmo di parole
mille notti fiammanti
mentre il tuo cuore sofferente
batteva le sue ossa
a tempo con i suoni brillanti degli uccelli
sulle strade al neon di schemi assassinati
si io ero là
e ho visto il tuo amore proclamato
in un sorriso fratturato
come i titoli di ieri stampati in sangue
sulle ali di un calabrone
e sì
porterei i tuoi occhi
il 12 gennaio
l’alba sorse
cantando il blues
il calendario si disfece
davanti al volto di quella domenica ferita
e persino le sequoie piansero
al tuo passaggio
ma nessuna campana suonò nelle viscere dell’inverno
la lumaca non ringhiò
all’orologio dell’avo
né rose crebbero
dalla coda di una cometa arrugginita
solo una stella marina in lana vagò
sulla spiaggia dei pianeti rubati
quando una lucertola tatuata
perse il suo abito di freddi echi
mentre tu ballavi con il grande re di Harlem
lungo i vicoli del paradiso
verso un tripudio di ombrelli fiammeggianti
ricordo gli stipiti
dove antichi spacciatori si appoggiavano
e vendevano le loro bustine di sogni da venti dollari
ai bisognosi
e poeta
ti ho visto comprare la verità
in un palloncino rosso
e come un mitico alchimista
hai cotto il sangue delle stelle
ma al posto della morte
ricavasti musica dal tuo cucchiaio
Pipe Dream # 1
Sogno numero 1
(per Herbert Huncke)
Ci sono sussurri sacrificali
a nord
oltre il fiume Ping
dove i sogni da elefante
si vestono di foglie gialle
e spiriti antichi
piegano in basso la canna della mia pipa
le colline sono inzuppate
di sangue di papavero
e una luna rossa
annega
sul bordo del mio occhio fuso
questa è la terra
del budda reclino
la piccola ruota
l’ultima danza dei bufali d’acqua
questo è il luogo
delle leggende verdi
del tek di legno e seta
dove l’incenso si mescola
al respiro del cobra
e solo in queste colline
lo chef
con la sua lampada
è re
Come un lampo
di verde fulminante
(per Barbara A. Matz)
Come un lampo di verde fulminante
sono stato colpito
da ombre celtiche vaganti
e dall’aroma persistente
dei tuoi capelli in dicembre
voglio andare oltre il bordo degli orologi d’argento
passaggi alieni
e stagioni rispecchiate
per toccare il mistero sensuale
delle tue profondità fiorenti
e riposare al margine del mirabile mare
dove parlerò con conchiglie naufragate
e dipanerò
il segreto delle canzoni pietrificate
voglio essere il martello
che fa risuonare la tua campana silente
la cui risonanza risiede nell’alba
invisibile come l’ala di un gabbiano
su un pezzo congelato di marmo
so quello che ho visto
e ne sono preso
perché chi mai preferirebbe il tintinnio degli orecchini d’oro
dopo aver udito
la giada
che cresce in una pietra?