Un film di vari anni fa ambientato ai tempi del cinema ambulante e che si intitolava La vela incantata ci introduce — e ricordandoci en passant che il cinema è movimento anche per chi lo proietta e lo guarda — a quell’analogia tra la vela e lo schermo che i fratelli Silvio e Giovanni Soldini sembrano biologicamente rappresentare.
Non oseremo opporre i nostri tasti alle nobili penne d’oca dei grandi navigatori della carta stampata che già hanno scritto ispirate prose sull’impresa oceanica di Giovanni con una competenza tecnica che ci manca. E che vorremmo avere per spingerci oltre nel paragone, mentre dobbiamo solo fantasticare che esistano precise corrispondenze fra i due bianchi e ampi teli: e se lo schermo classico è una randa, lo spinnaker sarà come l’Imax, e il fiocco come lo schermo verticale che auspicava Ejzenstein? Ma uscendo dallo specifico velistico e adottando uno sguardo estetico-autoriale che ci è più familiare il confronto può proseguire ancora un poco.
Poiché è indubbio che Giovanni Soldini con le sue regate in solitario ha introdotto la politique des auteurs nel velismo italiano, fermo ancora ai ricordi di Straulino e Rode, cioè a un neorealismo alla De Sica-Zavattini, o ai tentativi di kolossal hollywoodiano (quasi sempre fallimentari nel nostro cinema) legati al nome di Azzurra. Mentre il Soldini del mare, con le sue barche tecniche e leggere, col suo regatare giovane, solitario e in veri esterni (niente laghi, stretti, brevi bracci di mare ma interi oceani) è figlio della Nouvelle Vague della vela, che appunto in Francia ha avuto origine e maestri. Pur appartenendo ormai a un’altra generazione, come Silvio del resto, che di quella scuola è addirittura più nipote che erede diretto. Ma è indubbio che per entrambi quell’ondata è ciò che li ha spinti avanti, anche se non ci siamo mai chiesti, colpevolmente, a quanti nodi andava l’aria serena dell’ovest e non abbiamo mai guardato come veri film i video che Giovanni realizza durante le sue regate, che recano chiarissima l’impronta stilistica del film-making milanese, anche per la sua rassomiglianza al Paolo Rossi dei tempi migliori.
Ora però è successo qualcosa di nuovo: Giovanni ha salvato Isabelle Autissier che stava galleggiando a testa in giù e ha superato l’altro francese che aveva disalberato, andando poi ad arrivare primo in una corsa che pare non aver avuto nessun secondo. Ed è come se Silvio avesse vinto il festival di Cannes dopo aver imprestato la sua pellicola a Godard che era rimasto senza e aver lasciato tre dei suoi attori sul set di Rohmer. Be’, potrebbe anche succedere.
Alberto Farassino